fbpx
Seleziona una pagina

Ciao Ragazzi!
On these days the European Football Championship is underway. We jump back to 1968 when Italy won its first and only European title. It was a new beginning for Italian football, in a year full of social turmoils, that set the tone of the decade to come.



Download the full transcript (PDF) or read it here


Ciao ragazzi

E bentornati su Italian stories with Davide
Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura

Prima di iniziare, cliccate “segui/follow” su Spotify, Apple, Google podcast, Castbox e di lasciare un commento o una recensione se non l’avete ancora fatto.
Scaricate la trascrizione gratuita dell’episodio sulla mia pagina Patreon con le parole più difficili.

In questi giorni si sta giocando in Europa l’Europeo di calcio, il più importante campionato di calcio per selezioni nazionali del continente. La Nazionale italiana è in grande forma e ha una buona squadra quest’anno. Purtroppo però, l’unica volta che abbiamo vinto il titolo era il 1968, ben 53 anni fa.

Era un periodo speciale, di ricchezza economica, ma anche di scontri ideologici importanti, soprattutto a sinistra. Molte cose erano cambiate nella società italiana e molte sarebbero cambiate.

Sigla e diamoci da fare


5 giugno 1968. Tutto è pronto: si alza il sipario, the curtain goes up. Sta per iniziare la terza edizione, la fase finale, degli Europei di calcio. E quest’anno si giocano in Italia, al centro. Roma, Napoli, Firenze. È il primo grande torneo di calcio che ospitiamo, we host, in più di trent’anni, dal 1934, dal regime fascista. Nel 1960 Roma aveva organizzato l’Olimpiade. Era stato un grande successo. E, dopo la ricostruzione del dopoguerra, verso la fine degli anni sessanta l’Italia è ormai affermata come un Paese emergente ricco, all’avanguardia in molti campi. È prospera e c’è lavoro. Questo periodo è passato alla storia come “gli anni del boom economico”.

Eppure questo torneo è anche difficile da gestire, to manage. Molte persone, soprattutto i giovani, di tutto il mondo criticano la guerra in Vietnam. In Aprile era stato ucciso Martin Luther King. E alcune ore prima dell’inizio del torneo, a 10mila chilometri di distanza, a Los Angeles, avevano sparato, they shot, a Bob Kennedy, che stava lottando tra la vita e la morte in ospedale. Ci potrebbero essere rivolte, riots, di ogni tipo in un mondo diviso tra destra e sinistra, conservatori e progressisti. E le ultime quattro squadre qualificate per la fase finale rispecchiano tutto questo: l’Inghilterra, l’Unione sovietica, la Yugoslavia e l’Italia, che cercava un suo posto politico nel mondo. Alle elezioni di maggio, un mese prima, aveva vinto la Democrazia Cristiana, il partito conservatore, ma il Partito Comunista era subito dietro, il Partito Comunista più forte in tutta l’Europa occidentale.

Ed il calcio? La nazionale italiana viene da figuracce, brutte figure, da ormai trent’anni nei grandi tornei. Nel 1958 non si era qualificata al Mondiale; nel 1962 era stata eliminata dopo una rissa; nel 1966 era stata eliminata male dalla Corea del Nord. Negli anni sessanta, la squadra era forte, ma non riusciva mai a vincere o a raggiungere finali o semifinali. Ma quest’anno si gioca in casa…

In semifinale ci tocca, we have, l’Unione Sovietica. Giochiamo a Napoli, sotto una pioggia fitta. I sovietici sono forti fisicamente ed hanno una buona tradizione: hanno vinto la prima edizione e sono arrivati in finale nella seconda. Alcuni campioni si sono ritirati, ma la squadra è forte ed organizzata. Dopo soli tre minuti, ecco che la partita si complica per gli Azzurri, la nazionale italiana. Rivera, il nostro giocatore con più fantasia, si fa male e deve uscire dal campo. Bene. Chi metteranno al posto di Rivera? Nessuno, perché fino al 1968 non esistono le sostituzioni. Dobbiamo giocare in dieci giocatori per tutta la partita, e poi in nove verso la fine, perché si fa male un altro giocatore. Giochiamo in difesa e riusciamo anche a colpire un palo. Ma il risultato finale è 0-0. I supplementari, the extra time, non cambiano niente.

Si va allora ai rigori, the penalties… ehm, no. Non esistono ancora i rigori. E allora come si fa? Si usa la monetina. Si tira la moneta. Chi vince va in finale. I capitani delle due squadre e l’arbitro vanno negli spogliatoi, in the locker room.

Per il passaggio alla finale deciderà il sorteggio, che verrà fatto negli spogliatoi fra poco… La squadra italiana ha dato tutto quello che poteva. Ha giocato in dieci uomini dal terzo minuto, in nove uomini nei tempi supplementari, ha colpito un palo nel finale. Sinceramente, più di questo non poteva dare

Tutti vogliono testa, heads. poi il capitano sovietico cambia idea e prende croce, tails. Lancio della monetina.

Entra nella fessura, a crack, del pavimento. Bene. Secondo lancio… è testa. L’Italia va in finale.

Tutta Italia aveva visto la partita. Ma proprio tutta? Anche gli studenti?

In quel momento a Milano ed in tutte le grandi città, le università erano state occupate. Ma non era come in Francia, per il maggio ’68. In Italia le rivolte studentesche erano iniziate a Trento due anni prima, nel 1966, poi per tutto l’anno successivo. Gli studenti volevano riforme: modificare il contenuto dei corsi, i metodi di insegnamento e la valutazione. Mettevano in discussione il potere accademico di chi comandava e governava. Era una rivolta generazionale.

L’evento simbolo era Valle Giulia, il grande campus dell’università di Roma, che era stato occupato il primo marzo. Ci sono stati scontri tra la polizia e universitari. Ci saranno 53 studenti feriti, wounded, e 160 tra i poliziotti.

Secondo il Movimento studentesco, gli ideali della Resistenza sono stati traditi, betrayed. Il Partito Comunista è parte del sistema. Non vuole cambiare. Nasce in questi anni una sinistra più radicale, anche con l’aiuto dei lavoratori delle fabbriche. Ma anche la destra si radicalizzerà. E lo scontro e gli attentati saranno inevitabili.

L’opinione pubblica è spaccata. Alcuni danno ragione agli studenti, altri allo status quo.

Ma intanto arriva l’8 giugno.

A Roma, in finale, ci aspetta la Yugoslavia. Una squadra forte, molto tecnica. Sono un po’ vecchietti, ma molti bravi tecnicamente. Il loro soprannome è “il Brasile d’Europa” per la loro tecnica fantastica. E verso la fine del primo tempo segnano. 1-0. Noi facciamo fatica ad attaccare, non siamo lucidi. Per fortuna a dieci minuti dalla fine, Domenghini ci salva. Su un calcio di punizione, free kick, tira molto forte e preciso attraverso la barriera, the wall. Il tiro è imparabile, impossibile da parare, fermare, per il portiere slavo. 1-1. Si va ai supplementari, ma non è abbastanza. Per la finale non c’è la monetina, c’è il replay. Si gioca di nuovo, due giorni dopo.

L’allenatore italiano, Valcareggi, decide che non va bene. Bisogna fare un cambio radicale. Cambia cinque giocatori su undici. Tra i nuovi per la seconda partita c’è Luigi Riva, detto Gigi. È un giovane attaccante di 24 anni. Alto e robusto. Viene da un paese vicino a Varese, in Lombardia e gioca in Sardegna, al Cagliari. È uno dei pochi del Nord Italia che in quel periodo ha fatto un’emigrazione contraria: da Nord a Sud (anche se la Sardegna, essendo un’isola, è una cosa a parte, diversa dal Sud Italia). La prima volta che Riva aveva visto la Sardegna da un aereo, pensava fosse l’Africa. Non voleva andare a giocare a Cagliari, fuori dalla civiltà, in un mondo passato. Ma ci è andato ed è rimasto. Era un orfano al Nord, ma in Sardegna ha trovato la sua famiglia e non è più andato via.

Il compagno di Riva in attacco è Pietro Anastasi, un giovane siciliano. È più basso di Riva, ma più agile. Ha un grande neo tra le sopracciglia folte ed un sorriso naturale. Viene da Catania e lui sì, lui ha fatto la migrazione da Sud a Nord, come più di un milione di altri meridionali, che cercavano lavoro nelle industrie del Nord. Pietro va a Varese e continua a segnare. Conquista la Nazionale e la Juventus decide subito di comprarlo.

La partita non ha storia. L’Italia è più fresca e motivata, mentre la Yugoslavia non cambia nessuno. Sono stanchi ed alla fine del primo tempo vinciamo già 2-0. Hanno segnato Riva e Anastasi.  

Il primo ha fatto un gol di furbizia, a cunning move,

Allontanato il tiro di Domenghini, raccolto da Rosato. Domenghini ancora. Tiro di Domenghini. Riva. Riva. Rete. Rete di Riva. Al tredicesimo minuto del primo tempo. Il tiro era stato di Domenghini. Riva lo ha fermato e a sua volta ha messo in rete sulla sinistra del portiere. Ha segnato Riva.

il secondo un gol molto tecnico: ha alzato la palla e tirato al volo. Incredibile.

Anastasi. Rete. Splendida rete di Anastasi. Rete di Anastasi meravigliosa. Il passaggio di De Sisti e Anastasi ha raddoppiato.

Il secondo tempo è solo una formalità. L’Italia è campione d’Europa.

E c’è il fischio dell’arbitro Ortiz de Mendíbil. Signori all’ascolto, qualunque cosa io ora dicessi, stonerebbe… stonerebbe di fronte allo spettacolo che sta svolgendosi all’Olimpico. Spettacolo che ci porta alla commozione perché dopo trent’anni, dopo trent’aanni, la Nazionale italiana raggiunge un titolo internazionale. Trent’anni che sono stati spessi di delusione, di amarezza, ma che in ogni caso possono essere ora ben accettati per la gioia che ci procurano in questo momento.

Allo Stadio Olimpico di Roma il pubblico accende fiaccole e accendini nel buio. Sembra di essere ad un concerto rock. Per trent’anni, dal Fascismo, non si ricordavano quelle vittorie del 1934, 36, 38. Non si parlava di calcio per non parlare di fascismo. Ora era diverso. La Nazionale ha unito il Paese e così sarà dal 68 in poi. Quando l’Italia gioca nei tornei internazionali, e potete vederlo anche in questi giorni, questi sono gli unici momenti in cui vedrete la bandiera tricolore italiana. Vedrete un senso di orgoglio e appartenenza, belonging.

Per una notte il Paese è unito. Ma è una tregua, a truce. La calma prima della tempesta. Gli anni 70 sono alle porte e saranno anni di scontri, di attentati, bombing, e molto difficili per il nostro Paese, gli anni di piombo. Ma questa è un’altra storia che racconteremo un’altra volta.

Spero che vi sia piaciuto questo episodio di sport e storia.

Se vi è piaciuto questo episodio, commentate sulle mie pagine Instagram e Facebook.

Iscrivetevi al podcast, se non l’avete ancora fatto. Così non vi perderete tutti gli aggiornamenti.

La prossima settimana lasciamo il passato e parliamo di oggi. Parliamo di politica e soprattutto proviamo a rispondere ad una domanda: “Perché cambiamo governi così spesso in Italia?”

Oggi è tutto, ma ricordate che

Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme

Alla prossima settimana, ragazzi

Ciao

Si alza il sipario: the curtain goes up
Ospitare: to host
Gestire: to manage
Sparare: to shoot
Rivolta: riot
Ci tocca: we have
(Tempo) supplementare: extra time
Rigore: penalty
Spogliatoio: locker room
Testa / Croce (moneta): heads / tails
Fessura: crack
Ferito: wounded
Tradito: betrayed
Calcio di punizione: free kick
Barriera (calcio): wall
Appartenenza: belonging
Tregua: truce
Attentato: attack, bombing
Piombo: lead

Sources

John Foot – Calcio


John Foot – The archipelago


Alfio Caruso – Un secolo azzurro


Enrico Deaglio – Patria 1967-1977