This episode is about the G8 riots in Genoa, 2001.
It was a sad day for democracy, a suspension of all forms of human rights
A sad page of Western history and a lesson to be learned
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Ciao ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura
Come state? Avete visto com’è finito l’Europeo di calcio? Sembra che la Nazionale italiana abbia vinto il titolo e, forse, questo podcast ha portato un po’ di fortuna. Se vi ricordate avevamo parlato qualche settimana fa degli Europei del ’68. Vi lascio il link in descrizione per riascoltare la puntata e spero di dedicare un episodio intero su questi ultimi europei. https://italianstorieswithdavide.com/09-euro-68/
Come sempre, vi ricordo di iscrivervi o seguire il podcast sulla piattaforma che state usando (Spotify, Apple, Google, ecc…) e di scaricare la trascrizione a questo episodio sul mio sito (italianstorieswithdavide.com).
Ma iniziamo… Tra qualche giorno ci sarà in Italia un anniversario importante. Sono passati 20 anni dal Luglio del 2001. A Genova ci fu il vertice internazionale, il summit, del G8. Era una città piena di polizia, manifestazioni no-global e proteste. È stato un momento triste della nostra democrazia, in cui sono stati sospesi tutti i tipi di diritti umani. La più importante sospensione per Amnesty International. È stato un momento triste e sarà triste raccontarvi tutto questo…
Sigla e iniziamo
È giovedì 19 luglio 2001. Sta per iniziare il vertice, il summit. Il nuovo Presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, sta aspettando gli uomini più potenti del pianeta a Palazzo Ducale, nel centro di Genova. Uno ad uno arrivano George W. Bush, Tony Blair, Chirac, Putin e altri. Grandi sorrisi e strette di mano, smiles and handshakes. Ora usciranno a salutare tutte le persone fuori dal Palazzo… ehm no!
No, perché Genova è blindata, heavily guarded, come una prigione. Prima di questo G8 la tensione era altissima. Si pensava a possibili attacchi terroristici, manifestazioni violente e guerriglia. Si temeva, they feared, l’arrivo dei black bloc, gli anarchici violenti che avevano distrutto Seattle nel ’99. I black bloc erano anarchici che si vestivano di nero e spaccavano, rompevano, davano fuoco a tutto quello che incontravano; lanciavano pietre e fumogeni, smoke bomb, bombe molotov. Erano brutali.
Per questo la Polizia italiana ed il Governo avevano deciso di creare una zona rossa nel centro storico della città. Questa zona era chiusa con alti cancelli, gates, e solo gli abitanti potevano entrare, ma con permessi, authorisation; tutti i ristoranti, bar o negozi nella zona rossa erano chiusi. Era come vivere in prigione. Ma la Polizia temeva che ci sarebbero state molte persone uccise, almeno 200, e migliaia di feriti, injured. Le forze dell’ordine erano circa 18mila.
Comunque, il primo giorno sembra andare bene. C’è un corteo pacifico di no global che procede regolarmente ed alla sera anche un concerto gratuito di Manu Chao.
Il Genoa Social Forum, un’associazione che comprendeva tutti i gruppi no-global, contro la globalizzazione, funzionava bene. Erano gruppi molto diversi tra loro: c’erano i sindacati, trade unions, i gruppi di sinistra estrema, i cattolici contro la povertà nel mondo, Legambiente, associazione moderata a favore della natura e la sua tutela, protection, associazioni di studenti e movimenti femministi. Tutti diversi, ma che credevano in un mondo diverso da quello capitalista del G8. Ora, qui non voglio parlare di chi aveva ragione o no. È importante capire qui che tutti manifestavano, esprimevano le proprie idee in modo pacifico, senza violenza.
Poi arriva venerdì 20 luglio e niente sarà più come prima…
Quel venerdì ci sarà un lungo corteo dei centri sociali e in alcune piazze ci saranno associazioni diverse. In una di queste piazze arrivano i black bloc, giovani con maschere o passamontagna, balaclava, che prendono pietre, spaccano, distruggono le vetrine dei negozi, shop windows. Saranno più di cento. Lanciano molotov contro la polizia e poi scappano tra la manifestazione della rete cattolica Lilliput. Spariscono…
A un certo punto sentiamo “Arrivano! Arrivano!” e io vedo alcuni ragazzi vestiti di nero che corrono, ma ragazzi giovani. Quello che è stato tremendo è che dietro questi ragazzini è arrivato, io mi sono vista arrivare, un esercito… cioè, un grosso nucleo di camionette della polizia, di blindati, penso… che arrivavano ed occupavano tutta la strada. Io sono un’ingenua. Mi ricordo che pensavo, i miei pensieri erano di questo tipo: questa è la polizia che ci dovrebbe proteggere…
Gli agenti di polizia non distinguono i gruppi pacifici e i gruppi violenti. Entrano nel corteo e caricano, picchiano e fermano i pacifisti. Usano gas lacrimogeni, tear gas, e manganelli, baton, speciali in alluminio, i tonfa, che possono rompere le ossa di un bue, the ox bones. La polizia ferisce, wound, circa 60 persone che non reagiscono. Nessun black bloc.
Ma non è finita. I black bloc attaccano in guerriglia, in diverse piazze. Distruggono auto, banche. Prendono la benzina da alcuni scooter e danno fuoco a tutto. Poi iniziano a lanciare pietre contro la polizia dal corteo gigante, quello più grande di quel giorno. La polizia attacca il corteo, ma, di nuovo, i black bloc spariscono. Ci sono invece ancora una volta i no-global pacifici ed i giornalisti.
Gli agenti non distinguono nessuno. Ci sono giornalisti che urlano “sono un giornalista”, ma vengono picchiati da almeno cinque agenti. Spaccano ossa, telecamere.
Il corteo è troppo grande. I ragazzi attaccati non possono tornare indietro. Allora iniziano a scappare, correndo per vie laterali, a destra ed a sinistra. La polizia insegue le persone con camionette blindate, armoured vehicle, ad alta velocità che per poco non investono, uccidono giovani che scappano. La polizia continua ad attaccare e picchiano tutti quelli che incontrano. Alcuni scappano nei bar, ma la polizia entra, picchia con il tonfa e li porta fuori. C’è sangue ovunque. Teste, braccia, gambe rotte.
Un gruppo di manifestanti, di ragazzi che manifestano contrattacca. Si sentono in pericolo di vita, come in una guerra. Qui, la polizia picchia sempre, anche quando le persone stanno con le mani alzate, pacifiche. Devono attaccare per difendersi. Arrendersi non funziona, surrendering doesn’t work. Poi una jeep dei Carabinieri rimane bloccata ed i giovani no-global iniziano ad attaccare. Lanciano tutto.
Adelaide Giuliani è nel suo orto in quel momento, sopra la città. Sente rumori diversi, suoni diversi dalla città. C’è molto silenzio, poi esplosioni, poi silenzio e poi di nuovo esplosioni. Alza la testa e vede continuamente elicotteri. Il marito aveva sentito il figlio Carlo per telefono poco prima…
Carlo era stato alla manifestazione dei migranti giovedì. Era stato anche al concerto di Manu Chao. Venerdì io l’ho sentito alle 3. Gli ho telefonato e mi ha detto che era in piazza Manin. Mi ha detto che c’era una situazione difficile e gli ho detto di stare attento. Rimpiango di non essere riuscito a… a dirgli di venire a casa
Purtroppo Carlo, Carlo Giuliani, un ragazzo di 23 anni è in piazza Alimonda, non fa tardi al suo appuntamento con la Storia. Sta tirando un estintore contro la jeep dei Carabinieri, a 6 metri di distanza. Di fronte a lui, nella jeep, c’è Mario Placanica, un giovane carabiniere di 20 anni. Placanica spara due volte e Carlo Giuliani muore. C’è il morto.
Placanica dirà che ha sparato per legittima difesa, non sarà condannato, ma avrà una vita distrutta da questo episodio. Non sarà mai chiarito come è morto Carlo Giuliani, se per errore o meno. Ma da allora è diventato un simbolo per tutti. Il giorno dopo la stampa lo definiva in modi diversi. A Destra, era un teppista, un black bloc probabilmente, un estremista che viveva in strada. La stampa di Destra identificava tutti i no-global come terroristi che hanno attaccato la polizia. La Sinistra invece, ha fatto di Carlo un martire, un grande attivista, vittima della brutalità della polizia. Ma in generale la stampa aveva informazioni sbagliate o di parte, biased. Probabilmente Carlo era un alternativo, non così violento, non così attivista, che si è trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Ma la maggior parte della stampa non lo dipingeva come un pacifico no-global o un ragazzo, ma come un terrorista.
Il giorno dopo, c’è un grande corteo con più di 300mila partecipanti. Si doveva fare il corteo, anche dopo il morto, per evitare altri scontri, clashes, e problemi di ordine pubblico. Ritornano i black bloc, davanti al corteo, che provocano la polizia con pietre, bombe. La polizia attacca, i black bloc spariscono e, ancora una volta i poliziotti picchiano le persone pacifiche nel corteo. Arrestati e torturati.
Ma perché? Benvenuti in uno dei misteri italiani. Ce ne sono tanti e questo è solo il primo di cui parliamo. Dicevamo… perchè i black bloc potevano operare senza problemi e poi nascondersi? Perché la polizia non identificava i violenti invece di attaccare tutti?
Forse la risposta a queste domande è terribile. Secondo il giornalista inglese Rory Carroll (link in descrizione)Forse c’erano anche poliziotti tra i black bloc, che fomentavano gli anarchici, per provocare la polizia, in modo da delegittimare tutto il movimento no-global. Per la polizia non c’erano distinzioni, differenze, ma anche per la stampa. La maggior parte dei poliziotti sono di Destra, se non di estrema Destra, e questi a Genova erano unità speciali per intervenire in caso di grandi emergenze. La tensione era forte in quei giorni e per i poliziotti, quelli che manifestavano erano nemici. Tutti. Nessuno era diverso.
Centinaia di persone civili sono di nuovo ferite con ossa rotte e sangue ovunque. I manifestanti pacifici si aspettavano che la polizia arrestasse, fermasse gli anarchici violenti, non loro. Ma la democrazia era stata sospesa. Quando qualcuno ti minaccia tu chiami la polizia, ma se è la stessa polizia a minacciare e picchiare, chi puoi chiamare? A Genova in quei giorni era vietato manifestare. I diritti fondamentali dell’Uomo erano sospesi. Se il primo giorno di incidenti poteva essere un errore di ordine pubblico, il secondo non lo poteva essere di nuovo.
Per fortuna, era l’ultimo giorno del G8. Tutto era finito… E invece no. Verso mezzanotte, circa 150 agenti di polizia entrano nella scuola Diaz. All’entrata c’è un giornalista inglese, Mark Covell, che urla “I’m a journalist”, ma subito gli agenti prendono il tonfa e lo picchiano per almeno dieci minuti. Il giornalista si salverà perché un agente chiamerà l’ambulanza. Farà quattro giorni di coma con un polmone perforato, punctured lung, sei costole rotte, six broken ribs.
Alla scuola Diaz dormono almeno un centinaio di ragazzi, soprattutto stranieri, arrivati per manifestare contro il G8. E nello stesso edificio si trovano i quartieri generali, the headquarters, del Genoa Social Forum. La polizia entra e distrugge tutto e tutti. Spaccano computer e distruggono documenti. Picchiano tutti i ragazzi che dormivano. Pensavano di trovare armi, molotov, ma non c’è niente.
Ci sono ragazzi a terra svenuti, fainted, nel sangue, persone che piangono, ossa rotte ancora, denti rotti con calci. Dopo dieci minuti si sentono solo urla di dolore, screams of pain. Non riesco a descrivere che cosa sia successo in questa scuola. Vi dico solo che è stata definita una macelleria messicana. Vi consiglio di vedere il film Diaz per avere una piccola idea di che cosa è successo. Il link è in descrizione. Arrivano i giornalisti e persone da tutta la città che urlano assassini. Ancora una volta la legalità, la legge, la democrazia è sospesa.
Arrivano 38 ambulanze e per fortuna non ci saranno morti. Ma molti dei ragazzi feriti sono portati in un altro posto, non in ospedale. Vanno al carcere di Bolzaneto, a nord nella periferia di Genova. Saranno torturati in tutti i modi fisici e verbali. Minacciano stupri, rapes, spengono sigarette sulla pelle dei giovani, alcuni sono lanciati per le scale, altri ancora picchiati. Cantano canzoni fasciste. Non ci sono diritti.
A me sono arrivati colpi e botte al torace. Ho ricevuto un calcio sui testicoli. Mi è stata fatta sbattere la testa contro un muro, come per invitarmi ad assumere una posizione più confacente alle attese, alle richieste di queste persone. Una cosa mi ha veramente fatto sentire una sensazione agghiacciante, cioè il fatto che alcuni di questi personaggi, alcuni di questi appartenenti alle forze dell’ordine avessero intonato un motivetto che diceva:
Uno-due-tre viva Pinochet
quattro-cinque-sei a morte gli ebrei
sette-otto-nove il negretto non commuove
e la canzoncina si concludeva con
Sieg heil apartheid
Sembrava che ognuno degli episodi che si stava aggiungendo a tutto quello che ci accadeva rinforzava sempre di più questo stato d’animo di… paura, che spesso diventava panico. Ma soprattutto, quello di essere perduti…
E non ci saranno condanne, se non brevi o ridicole. Vi ricordate quando abbiamo parlato della Mafia e di Peppino Impastato? Se non vi ricordate, andate ad ascoltare la puntata (link in descrizione) https://italianstorieswithdavide.com/03-peppino-impastato/
Avevo parlato di omertà, a code of silence. Come per la mafia, anche la polizia ha provato a difendere le proprie scelte con omertà, senza individuare i responsabili per le torture. Ed hanno provato a depistare le indagini, to set on the wrong track the investigation.
Nessuno ha pagato queste colpe per avere picchiato e torturato degli innocenti. Come negli anni del terrorismo, negli anni settanta, la polizia poteva fare tutto, senza conseguenze. Da allora, qualcosa si è rotto nel rapporto tra polizia e cittadini. Molti sono stati segnati con le istituzioni ed il governo che ha difeso le forze dell’ordine ad ogni costo, senza avere dubbi. Nessuno ha ammesso colpe e non ci sono stati processi trasparenti. Ma solo la voglia di depistare, di difendere i colleghi poliziotti.
È ovvio che questo non valga per tutti i poliziotti. Anche in questo caso, sono sicuro che c’erano giovani impauriti, pieni di paura, che rispettavano gli ordini. Ma questo non è trasparente. Ancora oggi ci sono notizie di abusi, torture della polizia. Non tutti sono criminali, ma sarà importante capire per migliorare.
Il G8 è stato negativamente importante ed ha ridotto la fiducia nella polizia di molti italiani. Ma come tutti i matrimoni, le cose si risolvono in due ed in modo imparziale. Ci sono ancora tanti misteri da risolvere, come la morte di Carlo Giuliani, che rapporto c’era tra polizia e black bloc, la scuola Diaz e le torture di Bolzaneto. Forse non saranno mai risolti questi misteri. Ma senza chiarire, sarà difficile costruire un buon rapporto tra cittadini e forze dell’ordine italiane.
È stata una puntata molto difficile da fare e spero vi sia piaciuta. Vi ricordo che potete mandare o scrivere commenti o suggerimenti sul mio sito o sulle pagine Facebook e Instagram.
Ancora, iscrivetevi per non perdere aggiornamenti.
La prossima settimana sarò in Italia, finalmente, e spero di riuscire a portarvi una nuova puntata.
Vi auguro una buona settimana
E vi ricordo che
Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme
Alla prossima, ragazzi
Ciao!
strette di mano: handshakes blindato: heavily guarded fumogeno: smoke bomb permesso: authorisation corteo: parade sindacati: trade unions tutela: protection passamontagna: balaclava vetrine dei negozi: shop windows gas lacrimogeni: tear gas manganello: baton osso/a: bones ferire: to wound camionetta blindata: armoured vehicle | Arrendersi: surrendering di parte: biased scontri: clashes costola: rib polmone perforato: punctured lung quartieri generali: the headquarters svenuto: fainted urlo/a: scream stupro: rape omertà: a code of silence depistare le indagini: to set on the wrong track the investigation |
Sources
RAI – Blu Notte – Genova 2001 G8
DIAZ – Don’t clean up this blood – Trailer
Duncan McDonnell – The Genoa G8 and the Death of Carlo
https://www.academia.edu/173843/The_Genoa_G8_and_the_Death_of_Carlo_Giuliani
Enrico Deaglio – Patria 1978-2010
Concita De Gregorio – Perché tutto questo?
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/07/23/perche-tutto-questo.html?ref=search
Men in black behind chaos – Rory Carroll & co
https://www.theguardian.com/world/2001/jul/23/globalisation.davidpallister
Valerio Callieri – È così che ci appartiene il mondo
Manu Chao (live) – Genova 2001
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