in this episode, we deep dive into the coffee culture in Italy from its origin to some Italian inventions, the espresso machine, and the moka pot
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Ciao ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
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Come possiamo iniziare questo episodio? Diciamo che siamo italiani e che ci piace parlare di mangiare, di cibo, di bere. Se vi ricordate, avevamo già parlato di cibo nell’episodio sulla pasta, vi lascio il link in descrizione, se volete riascoltarlo. Noi italiani siamo gli unici che mangiano e parlano di mangiare.
Ma oggi parliamo di un altro simbolo della cucina italiana, il caffè espresso.
Sigla e cominciamo
La storia del caffè non nasce in Italia. Non ho mai visto i frutti o la pianta del caffè in Italia, poichè parliamo di una pianta tropicale, soprattutto. Dove nasce allora questa bevanda, this drink?
In Etiopia, con una leggenda. Già, perché ancora oggi è difficile capire chi ha inventato il caffè come lo conosciamo oggi. Il frutto del caffè è una bacca, a berry, simile a una ciliegia, a cherry, di colore rosso. Ma non si mangia. Usiamo solo il seme interno, the seed, che viene essiccato, dried, tostato, roasted, e poi tritato, ground. Ora, pensate di essere un contadino di 1500 anni fa, ma anche di ora. Se vedete un frutto, non pensate a tutti questi processi per creare una nuova bevanda. Per questo rimane ancora un mistero, come è stato scoperto il caffè.
Ma, diciamolo, le leggende sono sempre belle storie, soprattutto se ci sono capre che ballano, dancing goats. E questa è quella della scoperta del caffè.
Un giovane pastore etiope, a shepherd, di nome Kaldi, amava portare le sue capre per i sentieri in montagna. Le capre erano felici perchè potevano andare libere e il giovane Kaldi era libero di scrivere poesie e suonare il suo flauto. Alla fine della giornata, Kaldi chiamava le capre e tornavano tutti nella valle a casa.
Ma arriva un pomeriggio in cui le capre non rispondo al segnale. Non tornano verso Kaldi. Il pastore le cerca e niente. Allora il ragazzo cammina e cerca di sentire i rumori delle capre.
Eccole. Ma che strani rumori. Arriva in una foresta dove vede le sue capre. Alcune si scornano, are butting, altre ballano, altre belano, they bleat, continuamente. Ma come? È una magia? Qualche strega? Some witch…? Poi guarda bene e vede che le capre stanno mangiando delle bacche rosse e delle foglie di un albero che Kaldi non aveva mai visto prima. Era la pianta del caffè.
Dopo alcune ore, finiscono gli effetti sulle capre e possono tutti tornare a casa. Ma il giorno dopo, Kaldi, che non trova di nuovo le capre, prova a mangiare lui le bacche. Secondo la leggenda, Kaldi inizia a scrivere poesie e musica e non si sente mai stanco. E quel giorno, decide di portare il caffè a casa dal padre.
Ovviamente, questa è la leggenda. Ma in realtà, è probabile che all’inizio le bacche di caffè fossero solo masticate, chewed. Solo dopo anni, gli Etiopi hanno iniziato a cuocere le foglie e le bacche di caffè per fare una specie di tè. Non sappiamo chi ha iniziato a usare solo il seme, a tostarlo, ma probabilmente sono stati gli Arabi.
Già. Perché gli Etiopi iniziarono a scambiare il caffè soprattutto con i vicini arabi dello Yemen. Ma è anche probabile che durante l’occupazione, quando gli Etiopi invasero lo Yemen nel sesto secolo, iniziarono a piantare piante di caffè nel nuovo Paese. Gli Arabi iniziarono a consumare caffè in grandi quantità e dal porto di Mokha partivano tutti i carichi di caffè. Con l’espansione geopolitica araba, e poi turca, il caffè arrivò fino a Istanbul, quasi in Europa.
I rapporti tra l’impero turco ottomano e la Serenissima Repubblica di Venezia erano stretti, soprattutto per la geopolitica ed i commerci del Mediterraneo orientale. Nel 1585 è Gianfrancesco Morosini, ambasciatore veneziano ad Istanbul che racconta al Senato di Venezia di questa strana bevanda nera. Solo alcuni anni dopo è il botanico e medico Prospero Alpini che introduce in Europa i grani e la pianta, dopo un lungo viaggio in Egitto.
Il caffè esplode in Europa attraverso i porti più importanti, Venezia, Napoli, Amsterdam, Marsiglia, Londra. E da questi porti riparte per il resto del mondo. Gli Olandesi portano la pianta del caffè a Est, in Indocina; mentre Spagnoli e Portoghesi iniziano le produzioni di caffè in America centrale e Latina. La pianta del caffè è ormai globale.
Nel 1683 nasce a Venezia, in Piazza San Marco, la prima rivendita di caffè. Nel 1720 il famoso Caffè Florian, che esiste ancora oggi ed è una perla da vedere, se andate a Venezia. Sembra di essere in una galleria d’arte, più che in un caffè. Quadri e atmosfera vintage mostrano un fascino senza tempi.
[vociare persone bar]
Ma dicevamo. In tutta Europa nascono i primi locali dove bere caffè, le coffeehouses, le botteghe del caffè. O come diciamo oggi i caffè o caffetterie. Una delle più famose è il Cafè Procope di Parigi, fondato da un siciliano emigrato, Francesco Procopio, anche famoso per aver inventato il gelato e la granita. Ma questa è un’altra storia. Il Cafè Procope fu una delle culle, the cradles, dell’Illuminismo e negli anni erano regolari i filosofi Rousseau, Diderot, gli scrittori Balzac e, poi, Oscar Wilde.
In Italia il Caffè più famoso per i suoi dibattiti politici e sociali era il Caffè Demetrio a Milano, dove nel Settecento parlavano e dibattevano i fratelli Verri e Cesare Beccaria. Il caffè, questa bevanda energizzante ed esotica, aveva portato grandi cambiamenti sociali ed iniziato una rivoluzione culturale mai vista prima. Le persone si trovavano in un posto e discutevano, dibattevano. Non c’erano titoli nobiliari, ma solo la forza delle proprie idee.
Ma lasciamo per un attimo il bar e torniamo alla bevanda. Fino alla fine del Settecento, il caffè in Europa non era nemmeno tostato, roasted. Era solo bollito con i chicci, the grains, macinati, ground. È solo dopo che inizia la tostatura ed aprono torrefazioni, roasters, in tutta Europa.
Con l’Ottocento, il caffè non era più bollito, ma filtrato o percolato. I chicchi erano macinati poi messi in un filtro, e l’acqua calda passava attraverso. Poi scendeva nella tazza come caffè. In questi anni si inventano caffettiere, coffee pots, di tutti i tipi.
La più famosa tra quelle italiane era la napoletana…
Io, per esempio, professo’, a tutto rinunzierei, tranne a questa tazzina di caffè presa tranquillamente fuori dal balcone, dopo quella mezz’oretta di sonno che uno s’è fatto dopo pranzo. Sapete… quel poco di stordimento. Scusate. E me la devo preparare io stesso con le mie mani, sono gelosissimo. Come no… Mia moglie? Mia moglie non collabora. È molto più giovane di me. E la nuova generazione ha perduto queste abitudini che, secondo me, sotto un certo punto di vista, sono la poesia della vita. Oltre a farmi occupare il tempo, mi danno pure una certa serenità di spirito.
La caffettiera napoletana è divisa in tre parti: una sotto con l’acqua, una in mezzo con la polvere di caffè, una sopra dove salirà il caffè pronto. Quando l’acqua bolle, la caffettiera è capovolta, turned upside down, e l’acqua cade nella parte del filtro di caffè, e finalmente la terza parte vuota, che ora è in basso.
Ma il mondo sta cambiando. La tecnologia sta cambiando il mondo. Nell’Ottocento con la Rivoluzione industriale nasce la macchina a vapore, the steam engine, il treno, il telegrafo, l’elettricità. È un mondo più veloce di prima. Non si può aspettare come prima. Ma al bar o nei cafè, i clienti devono sempre aspettare per avere la loro bevanda nera preferita. Inventano macchinette di tutti i tipi, ma sono poche per i bar, ed i clienti devono aspettare in un mondo che va di fretta, is in haste.
Come si può fare un caffè veloce? Un caffè… espresso?
Il primo a pensare ad una macchina nuova è Angelo Moriondo, di Torino, che pensa ad una macchina a vapore per produrre caffè. La presentò nel 1884 e poteva fare trecento tazze di caffè in un’ora. Ma la produzione rimase locale ed ebbe poco poco successo.
Fortunatamente Moriondo non era l’unico che voleva usare il vapore per fare caffè più veloci. Luigi Bezzera, a Milano, produce nel 1901 un prototipo di macchina da caffè espresso. Ma Bezzera ha più fortuna di Moriondo, perchè incontra la persona giusta per la rivoluzione del caffè, un imprenditore, a businessman, che vuole investire energia e soldi su un nuovo prodotto, Desiderio Pavoni, proprietario di alcuni bar e cinema della città. Da allora grandi aziende come Victoria Arduino, Gaggia, Faema hanno prodotto le migliori macchine per caffè nel mondo ed esportato con i molti emigranti italiani questo prodotto e l’arte del caffè come vero e proprio made in Italy, un’eccellenza italiana.
[rumore macchina espresso]
Fate una cosa. Provate ad entrare in un bar in ogni posto nel mondo. Sono sicuro che la macchina del caffè con cui preparano il vostro caffè, cappuccino, latte, flat white o altro è italiana. Senza questa invenzione, il nostro caffè oggi sarebbe diverso.
Il caffè espresso, veloce e concentrato, è la modernità in una tazza. Si fa in pochi minuti e si beve velocemente. Spesso gli italiani lo bevono al bancone, at the counter, in piedi. Cinque minuti e poi escono dal locale. Ma in Italia il bar rimarrà anche un posto dove socializzare, dove parlare con amici ed altre persone. Diverso da tutti gli altri posti pubblici.
Bene. Abbiamo finito di parlare di caffè… al bar. Ma il caffè gli italiani lo bevono spesso anche a casa. E spesso usano una macchinetta particolare. C’è ancora una storia da raccontare, una storia molto italiana, quella della macchinetta da caffè moka inventata da Alfonso Bialetti nel 1933.
Bialetti era nato nel 1888 in Piemonte, tra Torino e Milano. Da ragazzo emigra in Francia per imparare a lavorare il metallo. Forse vi ricordate una storia simile. L’ho raccontata nell’episodio BONUS del primo maggio, quando ho letto una storia riadattata di Primo Levi. Vi lascio il link in descrizione.
Dicevamo, Bialetti emigra in Francia. Ma poi torna in Italia, lavora un po’ con i fratelli e poi fonda un’azienda che fa prodotti con l’alluminio. Molti prodotti della sua azienda sono caffettiere e oggetti per la casa. Probabilmente Bialetti è ossessionato dagli oggetti per la casa.
E un giorno vede la moglie che fa il bucato, she does the laundry. Usa una macchina chiamata lisciveuse, un contenitore, con un filtro al centro, con il sapone, soap. L’acqua bolliva, entrava nel filtro con il sapone, e poi andava tutto sui vestiti. Bialetti vede la macchina e quel giorno ha l’illuminazione, l’idea. Creare la stessa macchina, più piccola, per il caffè.
Il design ottagonale e la forma erano nuovi e diversi dalle altre macchinette. Ma il successo fu basso. Dobbiamo aspettare alcuni anni, dopo la guerra, quando il figlio Renato Bialetti, inizia a guidare l’azienda di famiglia. È lui a scegliere il nome moka, in onore della città del caffè dello Yemen. Aggiunge l’aggettivo “express” per dire che il suo caffè è buono e veloce come al bar. E aggiunge un disegno, di Paul Campani, un omino con i baffi, a little man with moustache, che diventerà il simbolo dell’azienda.
Renato Bialetti iniziò a fare marketing e pubblicità ovunque, ma soprattutto in televisione, dove le sue pubblicità divennerò un cult.
… anche farsi un buon caffè sembra facile, ma non basta avere del buon caffè ben macinato, dell’acqua, il fuoco. Eh, no, no , no, no. Ci vuole anche esperienza, cura e una buona caffettiera, la caffettiera moka express… un espresso meglio che al bar…
Vi lascio il link di alcune di queste pubblicità in descrizione.
Da allora, negli ultimi cinquant’anni, sono state vendute tra 200 e 300 milioni di caffettiere moka. Nella casa di ogni italiano esiste almeno una caffettiera moka e così continuerà ad essere.
Dal Dopoguerra, dal 1945, abbiamo portato la cultura del caffè ovunque. I nostri emigrati hanno portato la nostra idea di caffè espresso e di bar come luogo sociale in America, in tutta Europa, in Australia. I nostri bar hanno ispirato Howard Schultz, il creatore di Starbucks, che era stato colpito dai bar di Milano durante un suo viaggio.
Eppure, da un certo punto, non si sa quando, ma probabilmente dagli anni Ottanta in poi, non siamo più stati innovatori del caffè. Nel mondo nasceva la milk art. È nato lo specialty coffee, cioè un caffè pregiatissimo, refined, 100% tipo Arabica, senza difetti, con una sola origine. È un caffè caro, costa molto, ma di grandissima qualità.
E il caffè italiano è rimasto indietro. Usa caffè di bassa qualità, tipo Robusta, ed i bar non hanno baristi bravi e qualificati per fare un buon caffè. Il caffè in Italia costa poco rispetto ad altri Paesi per questi motivi. Abbiamo bisogno di una nuova rivoluzione del caffè… e ci sono nuovi bar in Italia con specialty coffee, ma il cambiamento è molto lento. E per un Paese conservatore come l’Italia, è difficile cambiare le proprie abitudini.
Per fortuna rimane il rito del caffè: stare insieme ad altre persone, anche sconosciuti, parlare e ritrovarsi al bar o a casa di amici. Questa è un aspetto italiano che invece non vogliamo che cambi…mai.
Spero vi sia piaciuta la puntata. Avrei voluto dire mille altre cose, perché amo il caffè, ma ho dovuto un po’ ridurre e concentrare tutto.
Vi ricordo che trovate la trascrizione gratuita dell’episodio sul mio sito, con tanti contenuti extra e fonti, come sempre. Mi raccomando, iscrivetevi al podcast ed alle mie pagine Instagram e Facebook, se volete supportarmi.
Io vado a fare un bel caffè
Ci vediamo tra un paio di settimane
ma non dimenticate che
Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme
Alla prossima, ragazzi
Ciao!
Bevanda: drink Bacca: berry Ciliegia: cherry Seme: seed Essiccato: dried Tostare: to roast Tritare: to grind Capra: goat Pastore: shepherd Scornarsi: to butt Belare: to bleat Strega: witch Masticare: to chew | Locale: bar, pub, club Culla: cradle Chicco: grain Torrefazione: roaster Caffettiere: coffee pots Capovolgere: to turn upside down Macchina a vapore: steam engine Andare di fretta: to be in haste Imprenditore: businessman Bancone: counter Sapone: soap Fare il bucato: to do the laundry Pregiato: refined |
Sources
Mark Pendergrast – Uncommon Grounds: The History of Coffee and How It Transformed Our World
James Hoffmann – The World Atlas of Coffee
Massimo Temporelli – Noi siamo tecnologia. Dieci invenzioni che ci hanno cambiato per sempre
Eduardo de Filippo – scena del caffè
Bialetti – pubblicità Carosello
RAI Report – Caffè: il buono, il rancido e il ginseng
Dario Bressanini – La scienza del caffè con la Moka
Fabrizio De Andrè – Don Raffaè
Malika Ayane – Cosa hai messo nel caffè?
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