in this episode, we talk about cancel culture, political correctness, and Russophobia in the world and in Italy.
It’s not all black or white, let’s find out why…
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Ormai da alcuni anni la critica ai simboli del passato, definita in modo negativo “cancel culture”, è diventato un trend costante. Dall’America è arrivata fino in Italia e con l’invasione russa dell’Ucraina si è iper-radicalizzata.
Ciao ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura
Come sapete, il 24 febbraio, l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, iniziando una guerra che sta distruggendo tutto il Paese. Per supportare l’Ucraina, i Paesi occidentali hanno creato una serie di sanzioni per isolare la Russia.
A proposito, DISCLAIMER PRIMA DI INIZIARE: io sono contro la guerra, sono pacifista. Non penso che sia la soluzione. Penso che il governo russo è responsabile per il massacro che sta succedendo in Ucraina.
Ma, dicevamo. Purtroppo, unfortunately, ci sono state altre sanzioni che hanno colpito e discriminato la cultura russa e questo è l’ultimo step della “cancel culture” nel mondo occidentale e in Italia.
Oggi proviamo a capire che cos’è e perché ha rivitalizzato la Russofobia e il razzismo.
Intro e iniziamo…
[2.04]
Parte 1 – Le origini
Il termine “cancel culture” ha iniziato ad essere usato nel 2017. Ma è dopo la morte di George Floyd nel maggio 2020 che il termine è diventato popolarissimo, dopo numerosi episodi di iconoclastia, come la rimozione di statue e monumenti, soprattutto di antichi schiavisti, persone che avevano supportato la schiavitù degli afro-americani.
Per “cancel culture” si intende la pressione, l’influenza del pubblico, della società, per boicottare un’opera d’arte, un autore, un personaggio pubblico che ha fatto o detto in passato cose negative, secondo loro.
Per esempio, ci sono persone che scrivono a università, a una casa editrice, a publisher, a un giornale e chiedono la rimozione di un professore, uno scrittore, un giornalista, ma anche di un attore o di un film. È una sorta di boicottaggio o censura rafforzata.
Ma la “cancel culture” è l’ultimo step di un altro processo: il politicamente corretto, cioè avere una linea di opinione che non discrimina minoranze nella società. È in questo caso la “cancel culture” è di un’azienda, un editore che censura autori per avere opinioni diverse dal politicamente corretto.
Come vedremo in questo episodio, è un po’ naïve pensare che tutto è bianco o nero, che il politicamente corretto è SOLO negativo o SOLO positivo, come per la cancel culture. Spesso le cose sono grigie.
Voglio fare un esempio. Se un autore scrive cose razziste, come uccidere tutti gli ebrei o gli afro-americani, forse è corretto censurare questa persona. Ma se un autore ha fatto una brutta battuta, joke, su persone omosessuali trenta anni fa e ora si è scusato, he has apologised, perché dev’essere cancellato?
Questo è uno dei problemi del politicamente corretto e della “cancel culture”: quali sono i limiti? Sono ambigui e non è chiaro che cosa va bene e cosa no.
Per esempio, oggi sappiamo che Gandhi non amava i neri, gli africani; oggi sappiamo che il reverendo Martin Luther King aveva fatto sesso con molte altre donne, non solo sua moglie. Eppure sono due grandissime icone della non violenza. Vogliamo cancellarli?
Vedete, il problema è che nessuno è bianco o nero. Anche noi. Pensate a un amico o a un’amica. Ha fatto solo azioni buone o solo azioni cattive? Non penso…
[5.54]
Parte 2 – Dall’America all’Italia
Dicevamo che tutto è iniziato in America. Ma presto è arrivato in Europa e in Italia. Tuttavia, solo un caso eccellente è finito sui giornali: il caso della statua di Indro Montanelli.
Montanelli è stato un famoso giornalista conservatore, morto nel 2001, che ha una statua e un piccolo parco dedicato a lui nel centro di Milano.
Negli ultimi anni il dibattito si è concentrato, was focused, molto su un’esperienza di Montanelli: cioè quando era un soldato fascista in Etiopia nel 1935 e aveva sposato una bambina etiope di dodici anni. Montanelli non si è mai scusato per questo e non ha mai parlato di razzismo. E per questo nel 2019 e poi nel 2020 la statua è stata vandalizzata.

Questo è stato l’unico caso in Italia. E dire che moltissimi edifici e monumenti in Italia sono di origine fascista e hanno ancora oggi simboli del regime di Mussolini. Roma è piena di questi monumenti. Addirittura, al Foro Italico, c’è un obelisco con scritto MUSSOLINI DUX. Ci sono state molte proposte di rimozione in 70 anni, ma è ancora lì adesso.

Un grande intellettuale del passato, Gianni Rodari, aveva proposto di scrivere frasi per esprimere il terrore del regime. Fare un’opera di risignificazione, cioè concludere la celebrazione dell’opera con una contestualizzazione più ampia. A Bolzano hanno provato a illuminare una scultura fascista con le parole “Nessuno ha il diritto di obbedire”.

Ma spesso, le opere rimangono dove sono. Addirittura, a volte celebriamo le opere del Fascismo come opere d’arte, soprattutto in eventi pubblici. Qui trovate un esempio di un affresco di Mussolini, come un eroe o un dio, in un evento ufficiale del CONI, il comitato olimpico nazionale italiano, con l’ex primo ministro italiano Matteo Renzi. Non c’è vergogna, shame.

Ma abbiamo parlato di statue, monumenti. E i libri? In America hanno iniziato a censurare libri come To kill a mockingbird di Harper Lee o anche Between the world and me di Ta-Nehisi Coates.
Per adesso in Italia continuiamo a leggere tutto e non pensiamo che Voltaire e Pasolini amavano troppo i ragazzini, che Celine era nazista, che altri ancora avevano visioni troppo maschiliste, omofobe e così via.
Ma la mia domanda è: può la vita dell’autore essere più importante dell’opera? Anche Dante aveva una visione del mondo totalmente diversa, connessa alla religione. Ma questo non significa che la Divina Commedia non sia un capolavoro perché parla a noi come esseri umani, non come cristiani o cattolici.
Boicottare, censurare gli autori per il loro passato, perché i nostri valori sono diversi dai loro c’è sempre stato. Anche duemila anni fa a Roma, ogni nuovo imperatore distruggeva le statue dei vecchi imperatori per cancellare la loro storia. Anche nel Medioevo.
Ci sentiamo superiori, migliori, delle persone del passato. Vogliamo leggere solo opere di artisti puri con i valori di oggi, anche se è impossibile. Mi sembra tutto un po’ semplice, naïve: se gli autori hanno fatto solo una cosa negativa, non dobbiamo più leggere le loro opere. Ma non ha senso, perché tutti hanno, e tutti facciamo, cose negative. La purezza non esiste.
L’antidoto è contestualizzare gli autori e l’opera al loro tempo e creare un dibattito sulle differenze tra l’opera e i nostri valori di oggi.
Facciamo due esempi, in America e in Italia. In America recentemente hanno rimosso la statua di Thomas Jefferson, un padre della patria, per il passato di schiavista di Jefferson. Infatti, sembra che abbia avuto 600 schiavi, slaves. Ma Jefferson non era solo un proprietario di schiavi, ma anche un Padre dell’America.
Jefferson è un grande esempio di grigio. Non è bianco o nero. Ha fatto cose positive per l’Unione, ma anche negative. Se contestualizziamo, capiamo che Jefferson non era molto diverso dagli uomini del suo secolo: anche gli altri avevano schiavi. Ma è anche vero che non possiamo celebrarlo, perché contrario, lontano dai nostri principi di libertà. E quindi è giusto rimuovere la statua di Jefferson, che ora non è in uno spazio pubblico, ma in un museo di storia.
Secondo esempio: Montanelli. Qui è tutto diverso. Infatti Montanelli era già razzista da giovane, quando era in Etiopia e aveva sposato una bambina. Come ha detto lui: “Là si faceva così”. Ma non in Italia. In Italia nel 1935 era vietato, forbidden, sposare bambine. Per questo la statua deve essere rimossa o modificata. E anche perché Montanelli non si è mai scusato.
Sono un po’ ripetitivo, ma come vedete, ci sono diversi casi di politicamente corretto o “cancel culture”. Non è tutto bianco o nero. Dipende dalle situazioni. E soprattutto dipende se queste azioni sono fatte per tutelare, difendere la minoranza.
Sembra tutto finito, ma il 24 febbraio 2022, questa cosa del politicamente corretto, della “cancel culture” si è trasformata ancora. E sempre più negativa…
[14.28]
Parte 3 – Da ieri a oggi: Russofobia
Dopo l’inizio della guerra, dell’invasione russa in Ucraina, i Paesi occidentali hanno cercato di isolare l’economia russa dal resto del mondo con sanzioni. Le multinazionali come McDonald, Apple, Google, Netflix e altre ancora hanno lasciato la Russia. Sono andate via. L’idea era di punire, to punish, tutti i russi e provocare un cambio di governo, provocare la fine di Putin.
Ci sono state manifestazioni contro la guerra e a favore dell’Ucraina in tutto il mondo. Solo che alcuni sono andati oltre…
A Parigi hanno lanciato bombe molotov contro il Centro culturale russo. In Svizzera alcune bambine russe expat sono state bullizzate a scuola. In Olanda due negozi di prodotti dell’Europa dell’Est che si chiamano “Priviet Russya” e “Moskva” sono stati vandalizzati, anche se, purtroppo, i proprietari, the owners, dei due negozi sono ucraini e armeni, non russi.
Ci sono stati episodi simili a Londra, a Chicago, a New York. In molti posti non danno più vodka e caviale, caviar, ai clienti.
La Russofobia, l’odio per ciò che è russo, esiste da secoli ed era molto forte durante il Comunismo, quando esisteva l’Unione Sovietica.
Ma perché abbiamo parlato di “cancel culture”? Perché l’odio ha anche colpito, punito, gli autori e le loro opere.
La storia più famosa è quella del direttore d’orchestra Valerij Gergiev. Le istituzioni di Milano, Monaco, Rotterdam hanno eliminato il direttore dai loro programmi perché Gergiev non si è espresso contro la guerra, contro Putin.
Ma non è l’unico. Alla Competizione internazionale di piano di Dublino hanno cancellato tutte le partecipazioni di pianisti russi.
Poi ci sono casi senza senso. Per esempio, Anna Netrebko, soprano russa, che si è dichiarata contraria, contro la guerra in Ucraina. Ma è stata licenziata dalla Scala di Milano e dal Metropolitan di New York. C’è il fotografo russo Alexander Gronsky cancellato dal Festival di Fotografia di Reggio Emilia. Gronsky era a Mosca, dove protestava contro la guerra ed è stato poi arrestato.
Si cancellano gli artisti russi vivi se non prendono le distanze da Putin, se non condannano la guerra. E a volte non basta. Questa non è più “cancel culture” o politicamente corretto, ma Russofobia o razzismo. Escludi un artista russo perché russo. E se è russo sicuramente vuole la guerra. Questa è l’idea. Anche se è tutto molto strano: chiediamo a un artista russo di condannare la guerra e Putin, altrimenti lo licenziamo, we fire him. Ma non facciamo lo stesso con politici, autori, imprenditori europei che prima della guerra supportavano Putin. Come il leader della Lega Matteo Salvini.

Ma se sei russo, è difficile parlare contro Putin, contro la guerra. La Federazione Russa è una dittatura, non è una democrazia. Da alcuni anni è vietato manifestare, protestare in piazza e da inizio marzo la stampa è censurata quasi completamente. Chi parla contro il regime di Putin rischia 15 anni di prigione. Migliaia di persone sono già state arrestate.
Capite che chi parla contro Putin rischia la prigione, mette in pericolo, endangers, la famiglia che vive in Russia. Per noi è facile manifestare in piazza, ma non è la stessa cosa per i russi. Per questo sono importanti le sanzioni all’economia, è importante eliminare le partnership con le istituzioni ufficiali, sanzionare gli oligarchi, ma non gli individui comuni, non le persone normali.
[20.33]
Parte 4 – Chi ha paura dei russi morti?
Che domanda strana, vero? Beh, qualcuno ha paura dei russi morti perché dopo l’inizio della guerra in molti Paesi hanno iniziato a cancellare le opere e i corsi di grandi russi del passato. Per esempio a Cardiff la Welsh Orchestra ha cancellato Čajkovskij.
Ma lo scandalo più grande è successo in Italia. Lo scrittore Paolo Nori, romanziere e esperto di letteratura russa, doveva fare un corso di 6 lezioni su Dostoevskij all’Università Bicocca di Milano. Ma dopo lo scoppio, l’inizio della guerra, l’università ha sospeso il corso.
Nori ha fatto un video su internet dove spiegava che cosa era successo. Era incredibile che cancellassero un autore morto 141 anni fa… perché era russo. È anche tragicomico che proprio Dostoevskij ha scritto pagine contro la censura, contro la politica. Dostoevskij aveva rischiato la vita per parlare contro il potere del suo tempo.
Il video è diventato virale, è iniziato lo scandalo e l’Università Bicocca ha detto che era uno sbaglio, un errore. Hanno detto che volevano creare un corso più grande, più lungo, con autori russi, come Dostoevskij, e autori ucraini. Senza senso.
Non è più importante che cosa Dostoevskij ha scritto, ma che era russo. Molto hanno poi detto che in realtà Dostoevskij è di origine bielorussa. Vero. Altri hanno detto che Gogol’ e Bulgakov sono ucraini, anche se scrivono in russo. Senza senso.
Da quando la nazionalità di un autore è un criterio fondamentale per leggere le sue opere? Questo è il punto finale del politicamente corretto, della “cancel culture”. È l’estremo: il razzismo. Il problema di Dostoevskij è che è russo e se è russo è a favore di Putin. È a favore della guerra in Ucraina, anche se ha scritto cose diverse ed è morto 71 anni prima della nascita di Putin.
E per finire, molte università e piattaforme online come Coursera hanno interrotto tutti i corsi di lingua russa. Non è più importante studiare russo. Se leggiamo autori russi, se parliamo russo siamo con Putin e contro l’Ucraina. Senza senso.
[24.01]
Parte 5 – Conclusioni
Il politicamente corretto è nato per tutelare, per proteggere, le minoranze contro la maggioranza. E così dovrebbe essere, senza esagerare, evitando il bianco o nero, valutando caso per caso.
Ma quello che sta succedendo con la cultura, la lingua russa e con alcuni singoli russi in occidente è il contrario. Loro sono la minoranza e stiamo usando il boicottaggio senza senso. Non è la prima volta. Gli americani hanno isolato i giapponesi che vivevano in America dopo Pearl Harbor. Abbiamo fatto lo stesso con i mussulmani dopo l’11 settembre. Ci sono stati casi di questo tipo con i cinesi dopo l’inizio del COVID.
Questo non aiuta. Rafforza l’idea che il mondo odia i russi. Rafforza la propaganda di Putin. Ma le persone non sono i loro Governi. Gli artisti non sono i loro Governi. Soprattutto le opere non sono i loro Governi.
Ma se pensate che stiamo vietando la vodka, il caviale, la birra Baltika perché russe. Vietiamo russi morti e cultura russa. Pensate che solo gli ucraini in questo momento stanno usando russissime molotov e sparano con fucili kalashnikov per difendersi. Tutti prodotti russi. Secondo il politicamente corretto è giusto che usino molotov e kalashnikov [russi] per difendersi? [io credo di sì]
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Come sempre
Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme
Ci vediamo presto, ragazzi
Ciao!
Vocabulary
A proposito: by the way Purtroppo: unfortunately Schiavista: supporter of slavery Boicottare: to boycott Casa editrice: publishing house Censura: censorship Battuta: joke Scusarsi: to apologize Concentrarsi: to focus Addirittura: even Vergogna: shame Schiavo: slave | Licenziare: to fire (job) Vietato: forbidden Tutelare: to protect, defend Punire: to punish Proprietari: the owners Caviale: caviar Prendere le distanze: distance yourself, disassociate yourself from Altrimenti: Otherwise mettere in pericolo: endanger Mussulmani: Muslim |
Sources
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Cosa vuol dire “cancel culture” (Il Post)
https://www.ilpost.it/2021/05/12/cancel-culture/
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