In this episode, we talk about inclusive language. What is changing in Italian? What cannot change?
Let’s find it out
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Negli ultimi anni si parla sempre di più delle differenze di genere, di etnia, di origine. Oggi parliamo di linguaggio inclusivo.
Ciao, ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura
Come ho detto prima, in tutte le lingue, non solo in italiano, c’è un grande dibattito su come rendere la società più inclusiva per le minoranze. Ovviamente, questo aspetto riguarda anche la lingua che usiamo per parlare del mondo intorno a noi.
Musica e cominciamo.
[1.08]
Introduzione – Perché il linguaggio inclusivo
Quando parliamo di lingua inclusiva parliamo di lingua e società, di come la lingua e la società si influenzano.
La prima teoria che ha parlato di questa influenza è quella di Sapir e Whorf, chiamata anche ipotesi della relatività linguistica. Secondo i due studiosi, scholars, lo sviluppo cognitivo di ogni persona è influenzato dalla lingua che parla. In questo caso, se una lingua usa solo un maschile per parlare sia di donne che di uomini, per esempio la parola uomo per parlare di umanità… Ecco, in questo caso, le persone pensano che le donne non esistano o siano secondarie. In altre parole, le persone che parlano questa lingua crescono con stereotipi e discriminazioni.
Interessante, ma l’ipotesi di Sapir e Whorf è appunto un’ipotesi, mai provata. Potremmo pensare che tutte le nazioni che hanno lingue gendered abbiano problemi di gender gap, ma se vediamo il report 2022 del World Economic Forum vediamo che non è così. Vi lascio il link in bio. Tra i primi venti, troviamo Nicaragua, Costa Rica, Francia, Spagna. E l’Italia al 63esimo posto.
Infatti, non è solo la lingua che influenza la società, ma anche il contrario: la società influenza la lingua. E così, negli ultimi decenni, decade, è aumentata la rappresentanza femminile, omosessuale e transgender e, così, è aumentata la richiesta per modificare la lingua, anzi le lingue – non solo l’italiano.
Ma non è così facile cambiare una lingua. Il linguaggio è per natura esclusivo: quando usiamo una parola tendiamo a escludere quello che è diverso. Se dico che il mio amico Paolo è pigro, significa che non vuole lavorare, sto escludendo la sua capacità o voglia di fare qualcosa in generale.
Un altro fattore importante è COME cambiare una lingua perché non funziona come con un altro problema sociale. Non è possibile fare una legge nuova e cambiare la lingua. Oddio, forse nelle dittature questo è possibile.
Ma in democrazia, la lingua è cambiata dai parlanti, speakers, da chi parla la lingua, non da altri. Le istituzioni capiscono e accettano dopo il cambiamento, non prima, quando tutti usano la nuova parola o espressione.
Per esempio questo è successo con i femminili professionali in Francia. Per decenni l’Académie française, la maggior istituzione di lingua francese, è stata molto refrattaria, unwilling, cauta, ai cambiamenti di genere, fin dal 1984. Solo nel 2019 ha capito che la lingua e la società sono cambiate e quindi va bene usare i femminili per parlare di professioni.
[5.40]
Parte 1 – Lingua e genere
Le lingue si dividono in lingue di genere grammaticale (Grammatical Gender Languages) in cui c’è un genere maschile e femminile, come in italiano, spagnolo, francese, ma anche tedesco.
Ci sono poi lingue con un genere neutrale (Natural Gender Languages) dove la maggior parte di nomi possono riferirsi sia a maschi che a femmine, ma i pronomi hanno il loro genere specifico. Per esempio inglese, danese, svedese.
C’è poi un ultimo gruppo senza genere (Genderless Languages) in cui non c’è genere per i nomi, ma neanche per i pronomi. In questo gruppo ci sono estone, finnico e ungherese.
L’italiano è una lingua di genere grammaticale, dove esiste un maschile e un femminile, un sistema binario in cui ogni parola è maschile o femminile. Il binarismo si trova in varie parti della frase (nomi, pronomi, aggettivi, participi passati). Pensate alla frase Ieri mattina sono andato a prendere un caffè con due mie amiche, ma loro sono arrivate in ritardo. Abbiamo il maschile di andato, il femminile di mie e amiche, e ancora il femminile di arrivate.
È importante capire che tutti hanno un genere grammaticale, ma è diverso dal genere semantico, dal significato. Per esempio sedia è femminile in grammatica, ma neutro in semantica, per il suo significato, non si muove, non è un essere vivente con un genere.
In italiano abbiamo diversi sostantivi, nomi. Abbiamo quelli di genere fisso che sono per un genere o per l’altro. Per esempio padre maschile e madre femminile.
C’è un genere comune dove non cambia la parola, che è usata per uomini e donne, ma cambia l’articolo. Per esempio l’autista, il docente e la docente.
C’è poi un sostantivo mobile con diverse sottocategorie. Ci sono le parole che finiscono con o al maschile e a al femminile: amico e amica. Le parole in –tore che diventano –trice al femminile, come attore e attrice, scrittore e scrittrice. E poi quelle in –sore e –sora, –ere e –era, come infermiere e infermiera.
Nel 1987 la saggista e attivista Alma Sabatini aveva curato un libro, Il sessismo nella lingua italiana, in cui dava indicazioni per eliminare gli stereotipi di genere nella lingua. Molti dei punti erano proposte e tra le più importanti ricordiamo:
- Evitare il maschile generico, cioè di usare il maschile quando ci sono gruppi mescolati di maschi e femmine;
- Evitare di usare l’articolo con cognomi femminili, come la Sabatini per Alma Sabatini;
- Usare il femminile dei titoli professionali e non solo il maschile.
Nella prossima parte parliamo di femminili professionali.
[10.16]
Parte 2 – Femminili professionali
All’inizio abbiamo parlato dell’ipotesi di Sapir e Whorf, cioè che la lingua influenza l’apprendimento e la società, ma che è anche vero il contrario. Ecco, questo è il caso. Negli ultimi anni ci sono sempre più donne in ruoli di potere, ruoli importanti, come sindache, mayors, ministre, presidenti, ingegnere, avvocate e così via. La società cambia e di conseguenza cambia la lingua.
I nomi femminili delle professioni non erano un problema nel passato con parole come segretaria o sarta, taylor. Spesso si modificava il maschile, ma non solo in italiano. Per esempio da poeta a poetessa, da professore a professoressa, da dottore a dottoressa. Spesso il femminile era una discriminazione: la donna non sapeva lavorare come l’uomo, ma con il tempo queste parole hanno perso questo significato, questa idea negativa. Anche se a volte è rimasto come la parola presidentessa per indicare la moglie del presidente.
Come abbiamo detto, la lingua è difficile da cambiare, è un sistema un po’ chiuso, difficile da modificare o innovare, molto conservatore. Le persone che non voglio cambiare spesso dicono che le nuove parole “suonano male”, sono brutte esteticamente. Dicono anche che non c’è bisogno di cambiare le parole, non è importante la parola, ma il ruolo, il significato. Pura discriminazione, soprattutto per ruoli di potere nella società, anche perché segretaria non suona male e non conta il ruolo.
In realtà ogni nuova parola è strana, non suona bene ed è difficile da adottare. Avevo parlato di questo nell’episodio sulle parole straniere in italiano. Anche qui, link in descrizione.
Ma come cambieranno le professioni da maschile a femminile? Spesso non sono parole nuove, neologismi. Sono parole dormienti, che erano possibili anche prima, in passato, ma non sono mai state usate. Per esempio, se esiste attore e attrice, è possibile anche avere il gestore, il manager, di un account, ma anche la gestrice di un account.
Se esiste cuoco e cuoca, può esserci avvocato e avvocata. Se c’è infermiere e infermiera, ci può essere ingegnere e ingegnera. Ormai avete capito come funziona.
Ci sono poi moltissimi nomi che non cambiano, funzionano bene al maschile e al femminile, e cambiamo solo l’articolo. Esempi sono la presidente e il presidente, l’autista maschile e l’autista femminile.
La cosa che più sorprende quando si parla di femminili professionali è quando una donna rifiuta, rigetta il femminile. Ci sono spesso avvocate che dicono “chiamatemi avvocato, non avvocata”. Oppure un’arbitra di calcio, a referee, che dichiara in un’intervista “chiamatemi arbitro, non arbitra. Solo così ci sarà parità, uguaglianza”.
Ma se guardiamo meglio, il problema è che il maschile dà solo una parvenza, un’apparenza di normalità e uguaglianza, equality. Significa che usare il femminile non è serio, discrimina le donne. Un’avvocata non è professionale come un avvocato. Un’arbitra non sarà brava e competente come un arbitro.
Anche in questo caso il paradosso è che una professione che prima era sempre femminile, l’ostetrica, negli anni ha avuto sempre più uomini. Gli uomini sono la minoranza nella professione, ma non ci sono stati problemi a modificare il nome della professione da ostetrica a ostetrico. Non c’era percezione di fare un lavoro peggiore di una donna. Nessun ostetrico ha detto: “chiamatemi ostetrica, non ostetrico. Solo così ci sarà parità, uguaglianza”.
[16.08]
Parte 3 – Maschile sovraesteso e plurali neutri
Veniamo ora al maschile sovraesteso e al più difficile di tutti i problemi di linguaggio inclusivo.
Partiamo con un paradosso. Se in una classe ci sono cento insegnanti donne, le chiamiamo professoresse, ma se ci sono cento insegnanti donne e un insegnante uomo, li chiamiamo tutti professori. Questo è il maschile sovraesteso, generico, usato quando abbiamo un mix di uomini e donne. Capite benissimo qual è il problema: l’invisibilità femminile.
Ma in un sistema-lingua come l’italiano che è binario, maschile o femminile, questo è inevitabile. Il problema del maschile sovraesteso è che è un relitto, a wreck, una cosa del passato in società che non discriminano. Ma è discriminatorio in un Paese che discrimina o che è al 63esimo posto nella classifica 2022 del gender gap.
Ma il problema qui è più esteso perché non riguarda solo maschile e femminile, ma anche persone non-binarie, che non si trovano, non si sentono bene nel concetto maschile o femminile.
In altri Paesi hanno usato diverse soluzioni. In America si usa il they, in tedesco il ze. In svedese hanno creato un nuovo genere neutro hen. In spagnolo è stato proposto di usare il plurale –es, come todos maschile, todas femminile e todes neutro.
In italiano ci sono state tante proposte negli ultimi anni, come l’asterisco *, il punto esclamativo !. La lettera u, anche se troppo brutta, cupa, gloomy, difficile da usare. La sociolinguista Vera Gheno aveva proposto, quasi per scherzo o per iniziare un dibattito, l’uso dello schwa, o scevà, ə. È una vocale con suono neutro, senza accento e tono, molto usata in inglese e presente nei dialetti del sud Italia. Il nome scevà è ebraico e significa “insignificante, nullo, zero”.
Sembra perfetto, buongiorno a tuttə!… e invece no.
Lo schwa non sembra così facile da utilizzare, soprattutto quando parliamo. Sarebbe difficile continuare la frase di prima con Come statə? Che cosa avete fattə questa settimana? E così via. Sembra un’idea che funziona quando scriviamo, ma non quando parliamo.
E se non è una regola condivisa, che usiamo tutti, soprattutto quando parliamo, non è parte del sistema-lingua. Anzi, diventa gergo ghettizzante, marginalizzante, esclusivo, che solo una parte dei parlanti usa e discrimina ancora di più.
[20.18]
Conclusioni – Soluzioni e futuro
Le lingue cambiano solo quando i parlanti cambiano. Prima le persone usano nuove parole, una nuova grammatica, poi questa è usata dai media, poi dalle istituzioni pubbliche e alla fine diventa un uso accettato e corretto.
I problemi con femminili e professioni non durerà a lungo. Sono sicuro che in futuro ci sarà più rappresentanza, più donne al potere e quindi i femminili professionali saranno sempre più normali.
È diverso il discorso per il plurale generale e il neutro. Non credo che lo schwa sia una soluzione perché troppo diverso dal sistema e difficile da inserire. Per me la migliore è la u perché è un suono che esiste già in italiano e non ha problemi di ortografia. Però capisco che non suoni bene come in buongiorno a tuttu! Come statu? Che cosa avete fattu questa settimana?
La soluzione più facile è che si modifichi il valore culturale, il genere semantico delle parole, un cambiamento minimo. Ma non sappiamo che cosa succederà in futuro. Forse ci sarà un nuovo genere neutro. È difficile, ma mai dire mai.
Le lingue cambiano nel tempo, evolvono come cambia la società e i parlanti. Il bello di queste proposte, anche assurde, è che possiamo sperimentare, come ha ricordato Vera Gheno. Possiamo mettere in discussione la lingua, provare nuove forme e vedere quali useremo o cambieremo. Ma questo è possibile solo se la maggioranza dei parlanti e i media useranno le nuove forme e le nuove parole.
Vediamo che cosa succederà.
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Come sempre
Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme
Al prossimo episodio
Ciao!
Vocabulary
Studiosi: scholars Decennio: decade Parlante: speaker Refrattario: unwilling Sindaco/a: mayor Sarta: taylor | Parvenza: semblance Uguaglianza: equality Relitto: wreck Cupo: gloomy Ghettizzare: ghettoize, marginalize |
Sources
Vera Gheno – Femminili singolari
Brevissima storia dello schwa | Vera Gheno
World Economic Forum – Gender Gap 2022
https://www3.weforum.org/docs/WEF_GGGR_2022.pdf
Stahlberg, D., Braun, F., Irmen, L., & Sczesny, S. (2007). Representation of the sexes in language. Social communication, 163-187.
Corriere della sera – Maria Sole Ferrieri Caputi sarà la prima arbitra in serie A
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