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In this episode, we start to read the first part of the novel ‘The Desert of the Tartars’, the masterpiece by Dino Buzzati.



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Il 28 gennaio 1972 moriva a Milano Dino Buzzati, uno dei più importanti scrittori italiani del Novecento. E oggi voglio parlarvi del suo romanzo più importante, Il deserto dei Tartari.

Ciao, ragazzi

E bentornati su Italian stories with Davide

Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura

Come dicevo, questa puntata sarà dedicata al romanzo di Buzzati Il deserto dei Tartari. Molto famoso non solo in Italia, ma in tutto il mondo. È un classico della letteratura fantastica.

E oggi voglio provare a fare qualcosa di diverso: non vi racconto la vita di Buzzati, ma vi racconto un’opera. Spero che vi piacerà.

Musica e cominciamo.


[1.34]

Introduzione

Il deserto dei Tartari esce nel 1940 per l’editore Longanesi. All’inizio, il titolo originale doveva essere La Fortezza, però nel 1939, un anno prima, era iniziata la Guerra Mondiale e usare un titolo come La Fortezza era un po’ troppo. E quindi l’editore Leo Longanesi ha convinto, ha detto a Buzzati di cambiare il titolo in Il deserto dei Tartari. Vedremo dopo ci sono questi Tartari.

Ma come nasce l’idea e chi è Buzzati? Buzzati nel 1939-40 è un giovane scrittore e giornalista originario del Veneto, di Belluno, ma che ha vissuto tutta la vita a Milano, e lavora per il giornale più importante di Milano, Il Corriere della Sera.

In questo momento lui ha già scritto due libri, due romanzi, uno con un buon successo e uno invece un flop, un po’ un insuccesso. Con questo terzo romanzo cambia, ma cambia alcune cose. Cambia alcune parti della storia, ma non il tema. Il tema è sempre lo stesso: il tema della vita che passa senza premi senza meriti.

In un’intervista gli chiedono ‘Scusa come ti è venuta in mente la storia?’. Lui dice che probabilmente tutto è nato nella redazione del Corriere della Sera, nell’ufficio, perché dal 1933 al 39 lui lavorava al Corriere tutte le notti ed era un lavoro abbastanza pesante, monotono, sempre uguale.

Vedeva tutti questi mesi e anni che passavano e lui continuava a chiedersi a pensare ‘Ma cambierà? O sarà sempre uguale? Ci saranno miglioramenti? Diventerò conosciuto?’. Tutte queste domande che lo facevano pensare a qualcosa di sempre uguale. È allora che ha iniziato a pensare a questo libro, al Il deserto dei Tartari.

Però ora è il momento di iniziare e quindi iniziamo.

[5.02]

Parte 1 – Arrivo alla fortezza

Il protagonista di questa storia si chiama Giovanni Drogo. È stato nominato ufficiale dell’Esercito da poco tempo e parte. È settembre e lui parte dalla città, dalla sua città, per arrivare alla fortezza Bastiani, la sua prima destinazione.

E questo qua è un giorno che lui aspetta da molti anni, è l’inizio della sua vera vita. Prima c’era l’Accademia militare e viveva come un ragazzo: viveva con i suoi amici, con la sua famiglia. Era felice, ma quella gioventù, quell’immagine ormai era consumata per sempre. Come dice lui, il suo tempo migliore, la sua giovinezza era probabilmente finita.

Però anche vero che, come lui, altri tenenti, altri militari avevano lasciato a quella stessa ora la casa della madre. Però l’avevano fatto ridendo, scherzando, come se andasse a una festa. Ma lui no. Lui e sua madre si salutano molto tranquillamente senza scherzare. Non ci sono feste e saluta tutti gli amici e si chiedeva come potesse essere La Fortezza Bastiani.

Drogo si mette in cammino. Inizia andare verso questa fortezza. Lascia la città, prende alcune valli e va avanti col suo cavallo. E va avanti e arriva alle montagne, ma ancora niente. Questa Fortezza non si vede.

Gli incontri con le persone diventano sempre più rari. Poi arriva un uomo e chiede ‘Ma la fortezza?’ e lui ‘Quale Fortezza?’ ‘Ma sì, la Fortezza Bastiani…’ ‘Da queste parti non ci sono fortezze. Non l’ho mai sentito dire’.

E allora dove stava andando? Questa Fortezza sembra fuori dal mondo. E allora continua, continua e arriva alle montagne. Drogo arriva davanti a una costruzione militaresca e finalmente pensa che è arrivato ‘È questa la fortezza’. Trova un signore che gli domanda ‘Ma è la Fortezza questa? ‘Non c’è più la Fortezza qui.  È tutto chiuso. Saranno dieci anni che non c’è nessuno’. ‘Ma dov’è la Fortezza, allora?’ ‘Forse quella’ e indica qualcosa. Si vede qualcosa lontano del profilo, il profilo della fortezza.

E allora Drogo si rimette in cammino e va avanti, e va avanti per alcuni giorni. La Fortezza si fa sempre più vicino, fino a quando, tra le montagne, non vede un altro militare. E vede dall’uniforme che è un capitano. Allora prova… all’inizio non sa se urlare, se chiamarlo o non farlo. È sempre un capitano. È sempre un superiore in grado.

Poi alla fine si decide. Lo chiama e lui risponde. I due si incontrano dopo un’ora, quando la strada li unisce e lui si presenta. È il capitano Ortiz. Iniziano a parlare. Il capitano Ortiz chiede a Drogo ‘Sei assegnato in organico?’ e lui ‘Sì, credo di sì, in organico’ ‘E starai qui per due anni?’ ‘Mah, due anni non lo so’ Il periodo non mi è stato detto’. E Ortiz ‘Ma sì, due anni, si capisce. Tutti i tenenti nuovi stanno due anni e poi vanno via. Tornano indietro’.  E Drogo ‘Ma io non lo so. Io non ho fatto domanda’. ‘Come non ha fatto domanda, richiesta? Ma sì, l’ho saputo, l’ho saputo soltanto due giorni fa che ero assegnato, che dovevo venire alla fortezza’. ‘È strano in effetti! E allora l’hanno assegnata di ufficio’.

La conversazione va avanti e arrivano alla fortezza. Drogo inizia a chiedere ‘Dev’essere grandiosa questa Fortezza, vero?’. E Ortiz ‘Grandiosa la fortezza? Ma no. È una delle più piccole. È da lontano che fa un certo effetto. Poi è vecchissima, è completamente superata’. ‘Ma è una delle principali, vero?’ ‘Ma no, no, è una fortezza di seconda categoria. È un tratto di frontiera, di confine morto. È una frontiera che non dà pensiero. Davanti c’è un grande deserto’. ‘Ma come un deserto?’ ‘Sì, lo chiamano il deserto dei Tartari’. ‘Perché ci sono, ci sono dei Tartari?’ ‘Ma no, anticamente, solo in passato, c’erano questi barbari. Ma è una leggenda. Nessuno dev’essere passato di là, dal deserto. Anche nelle guerre, nelle guerre passate, nessuno passa dal deserto’. ‘Eh ma allora la Fortezza non è mai servito a niente?’ ‘Eh no, a niente’.

La Fortezza sembrava completamente inutile. Allora Drogo inizia a chiedersi ‘Ma che cosa ci sarà da fare in un posto che non serve a niente’. Ortiz dice ‘Uno si abitua. Io sono qui da diciotto anni e mi sono abituato’.

Intanto che avanzano la Fortezza diventa sempre più chiara. I suoi muri sono nudi e gialli, giallastri. Il forte è silenzioso nel pieno sole e non ci sono ombre. Dalle mura si vedono decine e decine di sentinelle e tutte che camminano con il fucile in spalla, ciascuna per poco.

E dietro cosa c’era? Forse dall’alto della fortezza si poteva vedere qualcosa, qualche paese, qualche persona o casa. dietro la fortezza. Chi lo sa? Subito Drogo pensa a tornare subito. Subito ha perplessità, non è convinto. Non pensa nemmeno di varcare la Fortezza. Dice ‘Forse, forse è meglio tornare in città. Drogo aspetta conforto dal capitano, ma niente: nessuna risposta.

Drogo e Ortiz arrivano alla fortezza e subito Drogo si presentò al maggiore, al maggiore Matti per un colloquio, per  parlare con un nuovo capitano. Subito Matti chiede come vanno le cose in città. È da molto tempo che non va. Ma Giovanni Drogo parla dei suoi dubbi. Dice che ha la famiglia in città, che forse, se possibile, vorrebbe tornare. Il maggiore Matti inizia a dire ‘Ma quindi lei vuole lasciarci? Non è ancora arrivato e vuole già andare via’. Drogo dice che non è che non ha voglia. È che ha famiglia. Inizia a mettere alcune scuse per non parlare di fare un servizio inutile in una fortezza inutile.

I due iniziano a parlare e il maggiore Matti cerca di convincere Drogo. E però, forse c’è una soluzione: perché Matti dice ‘Se lei volesse partire subito, allora il meglio sarebbe che si desse ammalato. Fingere una malattia’. Drogo non è convinto. Pensa alla carriera e dice ‘Ma se sono arrivato e dico subito che sono malato. che cosa farò in futuro? Che carriera militare avrò?’.

Ed è a questo punto che Matti gli dice ‘A meno che…’ ‘A meno che? ‘A meno che non stia qui quattro mesi. Lei può stare qui quattro mesi, e poi dopo può fare un certificato medico, dire che la fortezza non fa bene alla sua salute. E può chiedere di tornare indietro. Quattro mesi, non di più. Che cosa ne pensa?’.

Drogo ci pensa bene. Pensa che partire subito significava dire ‘Sono inferiore. Questo non è il mio posto. L’esercito non è il mio posto’. In questo momento che si convince, capisce, che è meglio rimanere questi quattro mesi e poi tornare indietro. L’unico desiderio che aveva Drogo, di tornare indietro, era negato. Si doveva abituare alla monotonia. Ma è difficile abituarsi, è difficile abituarsi a cose noiose. In questo caso, lui vuole scoprire i segreti del settentrione: che cosa c’è dopo La Fortezza?

Chiedi al tenente Morel ‘Che cosa c’è dietro?’. E lui dice ‘Mah, non lo so. Dicono che ci siano solo sassi, solo deserti. Ma poi dicono che c’è un po’ d’acqua, forse un laghetto. Altri dicono di aver visto qualcosa. Certi dicono di aver visto torri bianche. Certi dicono che c’è un vulcano’.

Non si sa. Nessuno ha visto. Nessuno è andato. Nessuno sa cosa c’era dopo La Fortezza. Solo questo deserto e di là forse sarebbero arrivati i nemici. Forse l’esercito nemico sarebbe arrivato. E quella sarebbe stata gloria, gloria militare finalmente, tempo non sprecato. Ma di là, non erano arrivati mai nemici. Non si era mai combattuto. Non c’erano mai state battaglie. Non era mai successo niente.

I mesi passano e Drogo si abitua alla fortezza. Scopre una parte nuova, la Ridotta, che è una piccola Fortezza staccata da quella grande. È ancora più piccola, più vicina al deserto, dove si può osservare meglio tutto. Però non succede mai niente. Questi quattro mesi volano: non succede niente di incredibile. Drogo si abitua sempre di più. Aveva un mantello nuovo. Vuole provare a metterlo, era un bellissimo mantello di città. Però poi tutti gli dicono che non ne vale la pena. È troppo bello per la fortezza. Anche questa idea di diversità scompare. Tutto è piatto, tutto è sempre più uguale.

Ma è questa leggenda che cresce, la leggenda che forse ci potrà essere qualcosa in futuro. Forse un combattimento, forse qualcosa ci sarà che arriverà dal deserto. Drogo non sta bene: vuole tornare però è anche combattuto. Sa che la sua età è quasi perduta. Ha lasciato tutto. Ha sacrificato tutto in città. I suoi amici stanno cambiando, probabilmente. Hanno mogli e mariti. Sono cambiati. Lui ha sacrificato tutto per questo e vuole vedere se qualcosa cambierà.

Pian piano arrivano i famosi quattro mesi ed è il momento di andare dal medico, andare dal dottore, e chiedere finalmente il certificato, il certificato che lo libererà. In quel momento però, davanti al medico, che cambia idea e pensa in realtà a questi miracolosi presagi; queste idee di queste cose che possono, che possono succedere, che potrebbero succedere. Pensa anche alla città. Pensa a un’immagine pallida. Probabilmente molte cose sono cambiate. Ora il suo posto e qui. E allora dice al medico che sta bene, che non può partire, che vuole rimanere. Dice al medico di buttare via il certificato.

[19.59]

Parte 2 – Avvistamenti e speranze

Dopo questi quattro mesi passano due anni e Drogo ormai si è abituato a tutto. È diventato abitudine il turno di guardia. Sono diventati abitudine i colleghi. Diventata abitudine la mensa, buona e comoda. Sono diventate abitudine le gite con Morel al paese più vicino, o meno lontano, per pranzare, per bere un po’ e per provare a fare all’amore con qualche ragazza. È diventata abitudine per Drogo la sua camera e le letture che faceva di notte. Tutto è diventato abitudine per Drogo. Era ancora giovane. Aveva solamente ventidue anni e la vita gli appariva come inesauribile. Aveva tantissimo tempo davanti, pensava. Ma il tempo continuava a passare e Drogo continua ad aspettare qualcosa che non succedeva, fino a un certo punto.

Durante un turno alla Ridotta, in questa parte della fortezza dove si poteva vedere meglio il deserto, il tenente Tronk vede qualcosa nel deserto. È una macchia nera ed era ancora lì. Un punto nero nel deserto. Si spostava lentamente. Tronk guarda e chiama Drogo e dice ‘È parecchi minuti che la sto guardando. Cosa può essere?’. Guarda e non capiscono. All’inizio pensano che sia un qualcosa, una pianta, o altro. Forse un uomo. Forse un sasso nero, un sasso che si sposta. Ma no. Non sanno che cosa sia.

Forse un nemico. Forse finalmente sono arrivati i nemici. Mandano qualcuno a vedere meglio, più vicino. E scoprono che è un cavallo. ‘Signor tenente, è un cavallo!’. Forse non era selvatico, forse era un cavallo nemico. Forse si stavano preparando. Iniziano a pensare ‘Forse è l’inizio di una battaglia o di una guerra’. Pensano che i cavalli dei Tartari erano quasi tutti bianchi. Questo era nero. Anche in un vecchio dipinto, in una sala della fortezza, c’erano i Tartari, tutti su destrieri, su cavalli, bianchi. E questo era nero, nero come il carbone. Quindi non era niente. Era solo un cavallo.

Però forse non si sa mai e, allora tornano indietro alla Fortezza. Forse è solo un cavallo, però bisogna stare attenti Tutti tornano indietro, tutti tranne un soldato: il soldato Lazzari. Lui vuole vedere da vicino questo cavallo. Vuole prenderlo. Non torna con gli altri. Va giù nel deserto e finalmente cattura il cavallo.

C’è solo un problema: che nessuno sa che Lazzari è andato. Solamente i suoi amici. Lazzari non conosce la parola per tornare perché per la Fortezza, per tornare nella Fortezza o per entrare ci vuole una parola d’ordine, una password, e Lazzari non conosce questa parola. Quindi arriva di notte, davanti alle mura della ridotta e chiede di entrare.

‘Dai Moretto, sono io! Fammi entrare!’. Il suo amico, il Moretto, è con questo fucile che lo aspetta. Forse sa che lui, forse no. ‘Dai, sono Lazzari! Fammi entrare!’. Moretto ‘Chi va là? Qual è la parola?’ ‘Dai, Moretto! Sono io!’. Vicino a lui c’è Ortiz. Gli ordini sono ordini e, se non sai la parola, non puoi entrare. E Ortiz dice di sparare.

Lazzari colpito e si accascia davanti a sé stesso. Si affloscia in avanti e cade. Dopo che Lazzari è morto, il cavallo misterioso è scomparso. Non c’è più niente e tutto torna come prima. Passano alcuni mesi, non sappiamo quanto, e succede ancora.

Si vedono dei punti nel deserto, dei punti neri. Ma questa volta si muovono meglio: meno lentamente e più in precisione. Chi sono? Chi saranno mai? Poi vedono: sono uomini, sono uomini come loro, ma con un’uniforme diversa. Allora sono nemici. Allora finalmente è arrivato il tempo. È arrivato il tempo della battaglia. È arrivato il tempo della gloria.

Ma niente. Arriva una lettera dal comando della città, dal comando generale. Dicono che sono stranieri. Sì, certo. Sono militari stranieri, ma non vogliono fare guerre. Non vogliono fare battaglie. Devono invece capire quali sono i confini, qual è il confine del regno dello stato del Nord e quello del loro Stato. Non vogliono fare guerre. Devono solo fare amministrazione di confine. È un’altra opportunità persa per tutti i militari della fortezza.

Però c’è bisogno di tracciare i confini e allora fanno una spedizione che deve arrivare dal deserto fino in montagna, arrivare fino al monte più alto e mettere una bandiera per indicare che quel territorio è loro. È territorio della fortezza. Partono in alcuni militari. Drogo non c’è. Drogo ha deciso di rimanere alla fortezza. Ma tra di loro c’è il giovane Angustina, che troverà la morte. Troverà la morte congelato, in piena missione, e ostinato. Non vuole tornare indietro, non vuole scaldarsi, non vuole respingere la morte. Ma vuole morire sul campo. È l’unico in tutti quegli anni che riesce a morire da eroe, in piena gloria.

Il tenente Angustina viene sepolto. In quel momento che Drogo e Ortiz iniziano a parlare di rimanere o andare via dalla fortezza. Drogo sente questa abitudine che ormai non vuole, non vuole avere più. Vuole andare via. ‘Io sono qui da quattro anni’. Parlano di Angustina e parlano della gloria di Angustina. È come se avesse preso una pallottola. È un eroe. C’è poco da dire. È solo per gli altri che è stata una giornata come tutte le altre. Per Angustina era l’apice della gloria.

Poi a un certo punto Ortiz dice Drogo ‘Ma se ne vada! Ma vada via da questo posto fino a che in tempo e torni giù, torni giù in città. Si adatti al servizio della città’. Drogo stava zitto e Ortiz andava davanti ‘Lei ha lasciato passare quattro anni. Lei ha tagliato fuori tutto il mondo, le opportunità. Nessuno si ricorda più di lei. Ritorni indietro! È ancora in tempo. Io ne ho visti tanti: a poco a poco hanno preso abitudine di stare alla fortezza. Poi alla fine. sono rimasti come imprigionati, in una prigione, qua dentro. Non sono più riusciti a muoversi. A trent’anni erano già vecchi e non avevano niente fuori che questa Fortezza’.

Drogo si guarda intorno in quel momento. Quattro anni erano passati da allora, una buona frazione di vita. Non era successo niente che poteva giustificare le speranze che aveva. I Tartari non erano mai arrivati. Non c’era stata mai nessuna novità. La pace regnava sul mondo. Le sentinelle non davano nessun allarme. Nulla lasciava presagire, pensare, che la sua esistenza la sua vita sarebbe potuta cambiare in futuro.

Forse Ortiz aveva ragione. Lui il maggiore Ortiz era in piedi sulla terrazza. Non pensava nemmeno, non immaginava nemmeno quanto era stato saggio con quelle parole. Guardava ancora la landa del Nord, il deserto, come se lui solo avesse il diritto di guardarla, di rimanere lì. Drogo invece era solo un bravo ragazzo, ma fuori posto, nel posto sbagliato, che avevo sbagliato i calcoli. Avrebbe fatto bene a tornare.


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Come sempre

Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme


Ci vediamo prestissimo ragazzi

Ciao!


Vocabulary

Merito: credit, praise
Gioventù/giovinezza: youth
Scherzare: to joke
Urlare: scream, cry out
Fare domanda per: to apply for
D’ufficio: as by official rule, randomly
Perplessità: doubt, puzzlement
Monotonia: repetitiveness
Staccata: detached
Non ne vale la pena: it’s not worth it
Piatto: flat
Presagio: omen
Pallido: pale, blur
Buttare via: to throw away
Inesauribile: limitless
Selvatico: wild
Destriero: horse, steed
Parola d’ordine: code word
Sparare: to shoot
Congelato: frozen
Ostinato: stubborn
Respingere: to reject, push away
Pallottola: bullet
Landa: heath

Sources

Dino Buzzati – Il Deserto dei Tartari (book)