In this episode, we finish reading Dino Buzzati’s novel ‘The Desert of the Tartars’.
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Nell’episodio precedente abbiamo iniziato a parlare del romanzo Il deserto dei tartari di Dino Buzzati ed è arrivato il momento di parlare della seconda parte e di finire il romanzo.
Ciao, ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
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Nello scorso episodio abbiamo ascoltato le avventure di Giovanni Drogo, un giovane ufficiale che parte dalla città per arrivare a questa Fortezza Bastiani, questa misteriosa Fortezza, per passare prima quattro mesi e poi due anni della sua vita, aspettando dei nemici che dovrebbero arrivare da un deserto. Ma che non arrivano mai.
Dove tutto è noioso. Dove è sempre abitudine. Dove ci sono speranze, ma che non diventano mai realtà. I nemici non arrivano mai. Abbiamo lasciato Drogo che decide di tornare a casa, che decide di tornare in città.
Se non avete ascoltato la prima parte dell’episodio, potete farlo adesso prima di ascoltare la seconda e vi lascio il link in descrizione.
Se invece avete già ascoltato questa prima parte, iniziamo con la seconda e ultima.
Musica e cominciamo.
[2.03]
Parte 1 – Ritorno in città
Dopo la conversazione con Ortiz, Drogo inizia a pensare. Inizia a pensare alla sua vita alla fortezza Bastiani. Inizia a pensare che quelle mura che prima erano diventate per un periodo un riparo verso l’esterno, verso l’altro mondo, adesso sono un carcere, sono una prigione.
Pensa a quanto sarebbe bello andare a cavallo senza obiettivi, senza scopi, per la campagna e magari prendere una strada piccola in mezzo agli alberi. Magari vedere una bella ragazza. Magari passa vicino col cavallo. Lei saluta e lui saluta. Che strano!
Invece alla fortezza Bastiani non è così. Questi sono solo stupidi pensieri. Poi guarda e vede le nuvole. Vede una nuvola bianca di forma carina piacevole. Le nuvole sono uguali sono in quel momento sopra la Fortezza, ma anche sopra la città.
Quanto sono diverse le nuvole sopra la città! Queste nuvole che vedono persone, gente, che fanno la loro vita, la loro vita tranquilla. Magari a un davanzale a una finestra c’è un’altra bella ragazza. Magari Drogo passa lì sotto e la ragazza saluta.
Sempre gli stessi pensieri: le nuvole, il sole che sono uguali e diversi alla fortezza e in città. Alla Fortezza invece ci sono sempre le stesse facce, sempre gli stessi discorsi, lo stesso servizio, gli stessi documenti. Non ci sono più cose che lo tengono alla fortezza.
Drogo non ci pensa. Prende il cavallo, esce dalla fortezza e finalmente va verso la città.
Quando ritorna in città – la prima volta dopo quattro anni – ci sono molte cose che sono cambiate. La sua casa è cambiata. I suoi fratelli non vivono più nella sua casa. Addirittura uno vive in un’altra città. Sua madre è cambiata: lo saluta, lo accoglie e però dopo va via. Va via perché ha altri impegni, altre cose da fare. In questi quattro anni tutti sono cambiati e la sua casa è vuota.
Non c’è più nessuno. Gli amici sono cambiati. Alcuni sono sposati. Alcuni hanno iniziato attività commerciali o lavori importanti. Nessuno ha più tempo.
Drogo va con un amico a una festa e incontra anche una ragazza. I due iniziano a parlare. Poi c’è il padrone di casa però che vede che Drogo è un ufficiale e vuole fargli vedere la casa. Lui vuole continuare a parlare con questa ragazza, ma non riesce a liberarsi dal padrone e alla fine la ragazza è andata. È sparita, un’altra occasione mancata, persa.
Alla fine Drogo va anche a trovare Maria, un’amica, forse più di un’amica. Parlano insieme del passato. Qualcosa sembra uguale, ma qualcosa è cambiato: tutti e due sono adulti, sono distaccati. Non sono più veri, reali, come quando erano ragazzi.
C’è un sentimento, c’è qualcosa tra Maria e Giovanni Drogo. Ma Giovanni non riesce a dire che cosa prova. Giovanni aspetta una parola buona di Maria per tornare finalmente in città per sempre e lasciare La Fortezza. Ma dice che ha solamente una licenza, un permesso, per stare in città due mesi. Poi tornerà indietro e questo colpisce Maria. Anche Maria vuole dire qualcosa. Ha un sentimento per Drogo. Ma non riesce a parlare e anche in questo caso è un’altra occasione persa, finita.
Dopo tutte queste delusioni, però, Drogo capisce anche che non vuole tornare alla fortezza. Il suo posto è stare lì. È stare in città e riprendere la vita dove l’aveva lasciata. E allora va dal Generale del comando supremo della città.
Iniziano a parlare. Il generale capisce subito ‘Lei è dunque qui per essere trasferito in città, vero? Eh, volete tutti tornare in città…’. Drogo inizia però a difendersi ‘Sì, però io ho già fatto quattro anni’. Il generale ‘Eh quattro anni alla sua età… Che cosa vuole che siano quattro anni…’.
Poi inizia a dire che ci sono comunque troppe persone. C’è troppa gente alla fortezza. Il punto debole della fortezza Bastiani, secondo il generale, è questo: ci sono troppe persone. ‘La Fortezza non è così importante, ci sono troppe persone, troppi uomini militari che sono lì per niente’. Quindi, ci sarà una riduzione: non ci saranno più così tante persone in futuro. Non è così importante La Fortezza. E allora in questo momento Drogo pensa ‘Bene, quindi è il mio momento! Quindi tornerò finalmente in città!’. Allora chiede ‘Ci sono domande di trasferimento dalla fortezza?’. ‘Sì, una ventina, credo’. Drogo pensa ‘Come una ventina! Ma loro, i miei compagni, non mi avevano detto niente. Nessuno aveva detto niente. Tutti volevano tornare e nessuno diceva niente. Tutti lo avevano ingannato.
E allora Drogo protesta ‘Ma perdoni, generale, però ho fatto quattro anni ininterrotti, senza interruzioni, dovrebbero servire più che una semplice domanda’. ‘Ma i suoi quattro anni non sono niente. caro tenente! Non sono niente in confronto a tutti gli altri che sono lassù nella Fortezza da una vita intera. Io posso considerare il suo caso, sicuramente. Posso favorire una sua partenza, ma non posso venire meno alla giustizia! Bisogna poi calcolare anche i titoli di merito…’.
Giovanni Drogo era impallidito. Iniziava a pensare ‘Ma come gli anni? Chi era lì da moltissimi anni? I titoli?’. E dice ‘Ma allora’ balbettando ‘allora, io rischio di restare lì nella Fortezza tutta la vita’. Il generale vede anche che c’è una nota, c’è una nota di demerito, di ammonimento. Perché? Per Lazzari, per la sentinella uccisa per errore e quella era responsabilità di Drogo.
‘Eh purtroppo eccellenza io non…’. ‘Ci sarà il suo tempo. Forse solo se lei avesse fatto domanda per trasferirsi in città un mese fa. È strano che nessuno l’abbia informata’. Drogo capiva di essere stato un imbecille, di aver parlato senza sapere e che nessuno aveva detto niente. Tutti i suoi compagni avevano fatto domanda e nessuno aveva detto niente.
‘Bene, addio e generale’. ‘Bene. Addio, tenente e su, allegro, con il morale’. Ma Drogo non riusciva a sorridere, non riusciva a far niente e lasciò l’ufficio.
[11.20]
Parte 2 – Gli anni passano
Giovanni Drogo ritorna alla fortezza. Non si è ribellato. Ha accettato l’ingiustizia senza parlare, senza fare niente. Pensa che ha tanta vita davanti. Pensa che ci sarà una rivincita, ci sarà qualcosa nel lungo periodo. Però intanto arriva alla fortezza e vede che tanti soldati si stanno preparando. La voce di un cambiamento, la voce di una riduzione del personale dei militari è arrivata.
Tutti sanno che molti ritorneranno in città e tanti fanno domande, tanti corrompono, tanti pagano o parlano con superiori o con generali perché tutti vogliono andare via. Non si sapeva ancora chi fossero i destinati e tutti vivevano con l’attesa, con ansiosa attesa.
Nessuno aveva più voglia di lavorare e le speranze di un tempo, l’illusione di una guerra con i nemici non esisteva più. Tutti pensavano ad andare via e solo Drogo sapeva che lui sarebbe stato l’unico a rimanere. Gli chiedevano ‘E tu?’. E lui diceva ‘Mah, io probabilmente dovrò restare qui ancora qualche mese’. Ma anche lui sapeva che non era la verità. Si parlava di anni probabilmente.
Poi un giorno gli viene un’idea e pensa agli anni prima, ai quattro anni prima, quando era arrivato, e vuole parlare con Ortiz. Dice ‘Scusi, Maggiore Ortiz. Ma lei ricorda quando sono arrivato alla fortezza quattro anni e mezzo fa? Il maggiore Matti mi ha detto che qui restano soltanto i volontari è che, se uno voleva, poteva andarsene. Era libero di andare’.
‘Lei ricorda che gliel’ho raccontato che cosa mi ha detto il Matti. E, secondo il generale, secondo il Matti, bastava che io chiedessi una visita medica, dicevo che stavo un po’ male, e potevo tornare indietro. Che se volevo potevo, andare via’.
E Ortiz disse ‘Eh, capisco, caro Drogo, ma lei non è il solo’. ‘Ma come? Come non è il solo? Ma allora…’. Giovanni non sapeva più cosa dire. ‘Allora quelle erano tutte storie. Allora non è vero che, se volevo, potevo andarmene. Erano tutte storie per tenermi buono, per farmi rimanere’. ‘Ma che cosa vuole che le dica? Anche a me è capitato lo stesso: anch’io allora pensavo a una brillante carriera’.
‘Sì ok. Ma e quelli che dicevano di essere loro che volevano restare qui? Allora erano tutte storie’ continuava a insistere Drogo. ‘E perché nessuno ha mai avuto il coraggio? Ha mai detto questo? Allora tutte queste storie, anche le storie dei Tartari… sciocchezze! Non è che ci sperassero veramente’.
E Ortiz ‘Ah sì! Invece ci speravano! Ci credevano effettivamente. Quassù, qui alla fortezza, è un po’ come in esilio. Dobbiamo trovare uno sfogo, qualcosa. Bisogna sperare in qualcosa. Forse ha cominciato uno. Ha iniziato a pensare che forse sarebbe successo qualcosa. Chissà chi era il primo? E così sono andate avante le storie. Sono continuate. Dobbiamo pur sperare a qualcosa’.
‘Eh, ma lei, Signor Maggiore… Ma lei…’. ‘Eh, io è un’altra cosa’ ha detto Ortiz ‘la mia è un’altra età. Io non ho più pensieri di carriera. Mi interessa solamente un posto tranquillo. Ma lei, Tenente Drogo, lei ha tutta la vita. Fra un anno, un anno e mezzo al massimo, lei sarà trasferito.
Era un’altra promessa, un’altra speranza. Drogo e Ortiz dietro questa speranza di trasferimento guardavano gli altri. Guardavano i soldati che si allontanavano, che caricavano i bagagli e marciavano pieni, pesanti, ma contenti, verso la città.
Durante un altro turno, alla ridotta, c’è di nuovo un avvistamento: qualcuno vede qualcosa. Il Tenente Simeoni che vede lontano qualcosa. È una macchiolina nera. Però sembrava lo stesso come due anni prima. E lo vede con un grande cannocchiale. Lontano una macchiolina che si sposta. ‘Che cosa fanno, secondo te?’ parla con Drogo. ‘Cosa stanno facendo?’. E Simeoni pensa, pensa che stanno costruendo una strada, una strada militare. ‘Ma no… Ma nessuno ci crede. Nessuno ormai ci crede più.
Simeoni è convinto e parla con tutti. Era conosciuto da tutti. Però nessuno ci dava peso ormai. C’era meno organico, non c’era più materiale. Nessuno pensava che c’era un possibile attacco. Il comando della città pensava che la Fortezza non era più così importante come in passato. Perché qualcuno doveva costruire una strada militare? Nessuno dava credito alle parole di Simeoni.
Solo Drogo e Simeoni parlano insieme. Forse quella è l’occasione. Forse stanno arrivando. Forse farà in tempo per la guerra. E i due iniziano a parlare ‘Che cosa può essere? Forse hanno iniziato i lavori adesso. Ma forse saranno interrotti in inverno. Perché non sono andati avanti prima? Perché c’era la neve’. E continuano. Diventa un gioco. Diventa l’unico elemento interessante della vita di Drogo.
Parlare. ‘Che cosa stanno costruendo? Quando? Come?’. È l’unico motivo per dare senso alle loro vite. ‘Forse non è una strada militare. Allora forse è un pozzo. Forse è un piccolo villaggio. Forse ci sono dei nomadi…’.
Pian piano arriva l’inverno. Ci sono sempre più militari che tornano in città. E Ortiz e Drogo che guardano. Drogo parla di questo, parla dei puntini, dei punti neri nel deserto e Ortiz dice ‘Ma sempre questa guerra, sempre qualcosa. Lei pensa ancora una guerra. Non ne abbiamo avuto abbastanza?’.
Pian piano arriva l’inverno e non ci sono più lavori. Il mistero continua.
Il mistero continua fino una giornata in inverno, quando arriva un divieto, un divieto ufficiale, che dice di finirla con queste voci, con queste voci di allarme. È un comunicato che sembra scritto per Drogo e per Simeoni. È vietato parlare dei punti nel deserto. È vietato usare cannocchiali per vedere, anzi tutti i cannocchiali devono essere dati al maggiore. Nessuno può più guardare questi punti. Non ci sarà più niente.
Anche Drogo e Simeoni iniziano a non parlarsi più. Iniziano a evitarsi. Non vogliono che ci siano conseguenze delle loro parole. Simeoni aveva parlato di possibili sei mesi, con ritardi, per fare questa strada. Ma il tempo passa e in realtà i sei mesi diventano quindici anni.
In questi quindici anni cambia tutto: molti ufficiali vanno in pensione, c’è sempre Ortiz che continua a dire a Drogo che è giovane, che ci sarà qualcosa per lui, che sarà trasferito. In questi quindici anni Drogo aumenta in grado, diventa più importante nella gerarchia militare, ma è sempre più stanco. Ritorna solo una volta in città per un mese, ma tutto cambia ancora e dopo venti giorni torna indietro alla fortezza.
Nel frattempo la strada continua. È lì davanti alla fortezza. Ma nessuno la prende sul serio. Nessuno pensa che ci sarà una battaglia o una guerra.
[21.29]
Parte 3 – La fine
Il tempo correva. Drogo ha ormai 54 anni. Non sta più bene fisicamente. È probabilmente malato e giallo perché probabilmente ha problemi di fegato ed è nel suo letto a fatica a camminare. È sempre stanco e non succede niente, fino a una mattina, una mattina quando è nel suo letto e sente
‘Vengono! Vengono!’ ‘Chi vengono?’ ‘Vengono! Vengono!’. E allora Drogo apre la porta: era il vecchio sarto del Forte, Prosdocimo, che continua a dire ‘Vengono! Vengono! Questa volta non ci si sbaglia! E poi c’è anche la lettera dello Stato maggiore del comando centrale per dire che ci manderanno rinforzi. Ci manderanno nuovi militari. È la guerra! È la guerra!’.
‘Ma chi? Che cosa?’ ‘Sì, dalla strada, dalla strada del nord, nel deserto. Ci sono dei soldati, dei battaglioni. Questa volta è la guerra’. Drogo non sa che cosa dire. Non sa che cosa fare. L’evento che aspettava da tutta la vita, da tutta la vita alla fortezza, stava arrivando. Sta arrivando la battaglia, la guerra.
Allora si veste in fretta, e va su verso il punto più estremo, più alto della fortezza. Lì c’è Simeoni. Questa volta non più tenente, ma comandante, il suo superiore. Lo aspetta e sta guardando. Vede i puntini neri che ormai non sono più puntini. Ma sono soldati. Sono tanti soldati e stanno arrivando per fare la guerra.
Ma Drogo non sta bene, anzi sta malissimo. A fatica riesce a camminare. Guarda dal cannocchiale e poi sviene. Per fortuna Simeone lo prende e lo riportano nella sua camera, nella sua camera dove stava da più di trenta anni. Finalmente la guerra era arrivata. Era il motivo di gloria.
Ma il comandante Simeoni aveva un’altra idea. Simeoni arriva da Drogo, che sta nel letto, e dice che arriverà una carrozza, arriverà qualcuno dalla città per riportarlo in città. Questo non è più un posto per Drogo.
Drogo non sta bene. Ci vorranno solo alcuni mesi per riprendersi. Quindi è meglio che non stia lì con una guerra. Ma è meglio che torni finalmente in città. Ed è proprio in questo momento che Drogo non vuole tornare. È tutta la vita che ha sognato di tornare, ma è tutta la vita che ha aspettato la gloria militare, che ha aspettato la guerra.
‘È più di 30 anni che sono qui ad aspettare, ad aspettare questi nemici. Tu non puoi pretendere adesso che io me ne vada’. E Simeoni parla come un amico e dice ‘No, non è il posto giusto per te’. Ma pian piano viene fuori la verità. ‘Allora resta!’ conclude Simeoni ‘ma non so dove metterò a dormire gli ufficiali che arriveranno dalla città. Non posso mica metterli nei corridoi. Non posso mica metterli in cantina o nelle cucine. In questa stanza, nella tua stanza, ci possono stare tre letti.’
Allora era questa la verità: voleva mandare via Drogo per avere una stanza libera, una stanza per gli altri. I rapporti non esistono alla Fortezza. Non c’è lunga l’umanità. Non ci sono rapporti tra persone. Drogo aveva una camera, una camera per tre persone e questo era il motivo, la ragione, per mandare in città.
Drogo prova a parlare da amico con Simeoni e dire ‘È assurdo! Devo rimanere ancora alcuni mesi, alcuni giorni anzi, e tornerò forte e potrò rimanere’.
Ma Simeoni non parla più da amico, ma parla da superiore. Parla e dice che questo è un ordine: lui deve andare via. Così Drogo chiama il suo assistente, inizia a preparare tutto per lasciare la sua camera dopo trenta anni e tornare a una vita che era la sua, sì. Ma la sua quando era ragazzo e che non è più la sua vita da almeno trenta anni.
La carrozza arriva. Viene caricata e Drogo è pronto per partire. Qualcuno dice che il comandante Simeoni lo aspetta. Gli dice di aspettare. Ma Drogo non vuole più parlare con nessuno. Dice subito di partire senza salutare. Tutti avevano fatto gloria i suoi amici in città. Tutti avevano fatto gloria con lavori importanti, vite fantastiche e tutti avrebbero avuto la gloria dalla guerra, dalla battaglia. Tutti tranne Drogo: non era rimasto in città e non aveva fatto la guerra.
La carrozza arriva. Viene caricata e Drogo è pronto per partire. Qualcuno dice che il comandante Simeoni lo aspetta. Gli dice di aspettare. Ma Drogo non vuole più parlare con nessuno. Dice subito di partire senza salutare.
Tutti avevano fatto gloria i suoi amici in città. Tutti avevano fatto gloria con lavori importanti, vite fantastiche e tutti avrebbero avuto la gloria dalla guerra, dalla battaglia. Tutti tranne Drogo: non era rimasto in città e non aveva fatto la guerra. Cosa gli rimaneva?
È proprio in questo momento che pensa che non vuole tornare subito in città. Preferisce passare la notte in una locanda verso le montagne. Poi pian piano con calma tornerà. Ormai la Fortezza era lontana, non si vedevano nemmeno più le sue montagne. Però doveva essere una sera di felicità per tutti, anche per uomini con una fortuna media, non buona, non cattiva, come Drogo.
Drogo pensava alla sua vita. Pensava alle persone della città. E sempre più capiva che quella era la fine. La morte stava arrivando e la sua fuga dal tempo era quasi finita. Gli orologi correvano. Andavano avanti inutilmente senza senso. La strada di Drogo era finita.
Pensava a tutti i militari che hanno fatto battaglie, guerre, che combattevano e tornavano tra gli applausi oppure che tornavano nelle bare, morti, ma con grande dignità. Pensava ad Angustina e pensava che tutto questo non sarebbe stato per lui.
Ma è in questo momento che capisce anche che cos’era la guerra, la battaglia: morire sul campo e non in un letto. Era non avere paura, non avere paura di morire su un campo come invece avere tanta paura di morire da soli con le medicine in un letto.
Sente una forza che mai pensava di avere, una forza dentro, che è alla fine. Finalmente capisce che non ha più paura della morte. E questa era la cosa più importante di tutte. Giovanni si raddrizza su una sedia, si mette a posto il colletto della sua uniforme. Si siede bene. Guarda fuori dalla finestra. Ha fatto in tempo ad aspettare la luna che arrivasse.
Nel buio, guarda ancora un’ultima volta le stelle e poi… buio. Pian piano è buio. Nessuno lo vede e lui sorride.
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Come sempre
Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
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Ciao!
Vocabulary
Riparo: Shelter Davanzale: windowsill Distaccati: distant Provare: tofeel Permesso: permit,license Domanda di trasferimento: transfer request Impallidire: turn pale Ammonimento: warning Imbecille: idiot, stupid Rivincita: revenge Voce: rumors Corrompere: to bribe Destinato: intended,chosen Attesa: wait Andarsene: to leave Sciocchezza: foolishness Sfogo: surge, outburst Avvistamento: sighting | Macchiolina: small dot Cannocchiale: telescope Convinto: sure, convinced Non dar peso a: not give weight to, not give importance to Pozzo: well Divieto: prohibition, ban Sarto: taylor Svenire: to faint Carrozza: carriage, coach Cantina: basement, cellar Locanda: inn Fuga: escape Bara: coffin Sul campo: on the field Colletto: collar Buio: dark |
Sources
Dino Buzzati – Il Deserto dei Tartari (book)
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