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In questo anno abbiamo letto molti racconti e storie di scrittori italiani contemporanei. Molti diversi, ma non uno dei più importanti: Italo Calvino.



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In questo anno abbiamo letto molti racconti e storie di scrittori italiani contemporanei. Molti diversi, ma non uno dei più importanti: Italo Calvino.

Ciao ragazzi

E bentornati su Italian stories with Davide

Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura

Il 5 gennaio 1947 Italo Calvino pubblica il racconto “Ultimo viene il corvo” e dopo due anni un libro di racconti che prende questo titolo. È un racconto della Resistenza, di come quando siamo giovani, sembra che il mondo sia a nostra disposizione e come, invece, sia molto più complesso.

Prima di iniziare, vi ricordo che sul sito del podcast trovate tutti gli script e le parole difficili con la traduzione.

Musica e iniziamo


La corrente è una rete di linee leggere e trasparenti, con in mezzo l’acqua che va. Ogni tanto c’è come dell’argento a fior d’acqua, in superficie: è una trota che riaffonda subito a zig-zag.

– C’è pieno di trote, – dice uno degli uomini.

– Se lanciamo dentro una bomba vengono tutte a galla a pancia all’aria, – dice l’altro; si toglie una bomba dalla cintura.

Allora arriva un ragazzo che li stava a guardare, un ragazzotto di montagna, con la faccia rotonda, a mela. – Mi dai, – dice e prende il fucile a uno di quegli uomini.

– Cosa vuole questo? – dice l’uomo e prova a togliergli il fucile. Ma il ragazzo punta l’arma sull’acqua come cercando un bersaglio, un obiettivo. – Se spari in acqua spaventi i pesci e nient’altro – vuole dire l’uomo ma non riesce a finire la frase.

Affiora in superficie una trota, improvvisamente, e il ragazzo le spara addosso, come se la aspettasse proprio lì, in quel punto.

Ora la trota galleggia con la pancia bianca. – Cribbio, incredibile, – dicono gli uomini.

Il ragazzo ricarica l’arma e la gira intorno. L’aria è tersa e tesa: si distinguono gli aghi sui pini dell’altra riva del fiume e la rete d’acqua della corrente. Un’altra linea argentata in superficie: un’altra trota. Spara: ora galleggia morta. Gli uomini guardano un po’ la trota un po’ lui. –

Questo spara bene – dicono.

Il ragazzo muove ancora la bocca del fucile in aria.

È strano, a pensarci, essere circondati così d’aria, separati da metri d’aria dalle altre cose. Se punta il fucile invece, l’aria è una linea diritta ed invisibile, tesa dal fucile alla cosa, al falco che si muove nel cielo con le ali che sembrava immobili. A schiacciare il grilletto l’aria resta come prima trasparente e vuota, ma lassù alla fine della linea il falco chiude le ali e cade come una pietra.

Si fa dare altre cartucce. Sono in tanti ormai a guardarlo, dietro di lui in riva al fiumicello.

– Questo non ne sbaglia una, – dicono gli uomini e nessuno ha il coraggio di ridere.

– Tu vieni con noi, – dice il capo.

– E voi mi date il fucile, – risponde il ragazzo.

– Bene. Sicuro.

Va con loro.

Parte con in tasca mele e due forme di formaggio. Il paese è una macchia in fondo alla valle. Andare via è bello perché a ogni svolta si vedono cose nuove, alberi, uccelli che volano, muschio sulle pietre, tutte cose distanti, ma vicine per il suo fucile.

Non si può sparare però, glielo dicono: sono posti dove passare in silenzio e le cartucce servono per la guerra. Ma a un certo punto un leprotto spaventato dagli uomini attraversa la strada in mezzo al loro urlare. Sta già per scomparire nei cespugli quando lo ferma il fucile del ragazzo. – Buon colpo, – dice anche il capo, – però qui non siamo a caccia. Non devi più sparare.

Il ragazzo però spara ancora: a una piccola lepre, ad alcuni uccelli. Ride, con la sua faccia bianca e rossa, rotonda come una mela. – Smettila! Se mi fai arrabbiare ancora, vai via! Dammi il fucile.

Quella notte tutti dormivano e il ragazzo si è svegliato appena il cielo diventava più chiaro, mentre gli altri dormivano. Prende il loro fucile più bello, prende un po’ di cartucce ed esce. C’è un’aria limpida, da mattina presto. Poco lontano vede su un albero arrivare due uccelli, due ghiandaie. Eccone una: spara, corre a prenderla e la mette nella borsa.

Da sotto un albero, un castagno, vede, in un prato, nell’erba, più basso, un fungo, rosso coi punti bianchi, velenoso. Lo distrugge con il fucile, poi va a vedere se proprio l’ha preso. È un bel gioco andare così da un bersaglio all’altro: forse si può fare il giro del mondo.

Vede una grossa lumaca su una pietra, mira e la disintegra.

Dalla pietra vede una lucertola su un muro, dal muro una pozzanghera, dalla pozzanghera un cartello sulla strada. È facile. Dal cartello si vede la strada che fa zig-zag e sotto: sotto ci sono degli uomini in divisa, in uniforme, che camminano armati, i soldati nemici.

Appena vedono il ragazzo gli puntano addosso i loro fucili. Ma il ragazzo ha già visto dei bottoni d’oro su uno di quelli e spara. Sente l’urlo dell’uomo. Il ragazzo trova rifugio a terra dietro le pietre.

Dopo un po’ sente rumori alle sue spalle, ma che lo sopravanzano e colpiscono i soldati nemici: sono i compagni che vengono ad aiutarlo coi mitragliatori. – Se il ragazzo non ci svegliava coi suoi spari, – dicono.

Ora lui può mirare meglio. Un proiettile gli sfiora la guancia e vede un soldato. Gli spara, ma colpisce solo il suo fucile. Il soldato lancia il fucile e scappa. Il ragazzo lo colpisce di striscio.

Il soldato continua a fuggire e dietro di lui il ragazzo. Finisce la foresta e il soldato si ripara dietro a una grossa pietra. Ha con sé bombe a mano e gli basta fare un salto per salvarsi dietro ai cespugli, ma il ragazzo è lì.

In quel momento passa veloce nel cielo un uccello. Uno sparo e l’animale cade. Poi un altro e cade anche quello. Passano in volo altri uccelli e tutti cadono sotto gli spari del ragazzo. Il soldato non si muove, ma tira una bomba.

A metà del volo della bomba il ragazzo spara e la bomba esplode in aria.

Quando rialza il capo è venuto il corvo. C’è nel cielo sopra di lui un uccello nero che vola lentamente, un corvo forse. Adesso certo il ragazzo gli sparerebbe.

Ma lo sparo non arriva. Forse il corvo è troppo alto? Eppure ne ha colpito di più alti e veloci.

Alla fine una fucilata: adesso il corvo dovrebbe cadere. No, continua a girare lento, impassibile. Cade una pigna, invece, da un pino lì vicino. Si mette a sparare alle pigne, adesso? A una a una colpisce le pigne che cadono.

A ogni sparo il soldato guarda il corvo: cade? No, l’uccello nero gira sempre più basso sopra di lui.

Possibile che il ragazzo non lo veda? Forse il corvo non esiste, è una sua allucinazione. Forse chi sta per morire vede passare tutti gli uccelli: quando vede il corvo vuol dire che è l’ora.

Pure, bisogna avvertire il ragazzo che continuava a sparare alle pigne. Allora il soldato si alza in piedi e indicando l’uccello nero col dito, – Là c’è il corvo! – grida, nella sua lingua. Il proiettile lo colpisce giusto in mezzo a un’aquila che ha sulla giacca.

Il corvo s’abbassa lentamente, a giri.


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In questo episodio ringrazio Celia, Edward e Shoshana.

Vi ricordo che sul sito trovate la trascrizione gratuita dell’episodio con le parole più difficili e i contenuti extra.

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Come sempre

Non è la cultura che fa le persone
Ma le persone che fanno la cultura
Quindi, facciamo cultura insieme


Ci vediamo presto, ragazzi

Ciao!


Vocabulary

Trota: trout
A galla: floating
Fucile: rifle
Puntare: point
Bersaglio: target
Spaventare: frighten
Terso: clear
Ago: needle
Grilletto: trigger
Ali: wings
Cartuccia: cartridge
Macchia: spot,stain
Muschio: moss
Leprotto: hare
Cespuglio: bush

Caccia: hunting
Sparare: toshoot
Limpida: clear
Ghiandaia: jay (bird)
Lumaca: snail
Mirare: aimat
Lucertola: lizard
Pozzanghera: puddle
Rifugio: shelter
Mitragliatore: machine-gun
Sfiorare: touch lightly
Corvo: Raven
Impassibile: unmoved
Pigna: pinecone
Proiettile: bullet

Sources

Italo Calvino – Ultimo viene il corvo (book):