In this BONUS, we listen to a brief part of the novel “Una storia semplice“, A simple story, by the Sicilian author Leonardo Sciascia.
It is a detective story, so… are you ready for some mystery?
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Ciao ragazzi
E bentornati su Italian stories with Davide
Il podcast che vi parla in italiano di storie, lingua e cultura
In questo episodio BONUS, di lettura, voglio leggervi e commentare un pezzo dell’ultimo libro di Leonardo Sciascia, uno scrittore siciliano, famoso per i suoi libri sulla criminalità e la mafia in Sicilia, la sua terra. Avevamo parlato di Mafia nell’episodio n.3 del podcast, l’episodio dedicato a Peppino Impastato, e vi lascio il link in descrizione.
https://italianstorieswithdavide.com/03-peppino-impastato/
Dicevamo, il passo che vi leggo è tratto, viene, da “Una storia semplice” del 1989, il suo ultimo libro.
Prima di iniziare, sono noioso… Vi siete iscritti al podcast? Avete visto il sito web del progetto con la trascrizione di tutti gli episodi e le parole più difficili in traduzione? Se siete nuovi, iscrivetevi subito su tutte le piattaforme di streaming e andate sul sito. Ma ora… sigla e cominciamo
La telefonata arrivò alle 9 e 37 della sera del 18 marzo, sabato, vigilia della rutilante e rombante festa che la città dedicava a san Giuseppe falegname: e al falegname appunto erano offerti i roghi, the bonfires, di mobili vecchi che quella sera si accendevano nei quartieri popolari, of the working-class, quasi promessa ai falegnami ancora in esercizio, e ormai pochi, di un lavoro che non sarebbe mancato. Gli uffici erano, più delle altre sere a quell’ora, quasi deserti: anche se illuminati, l’illuminazione serale e notturna degli uffici di polizia tacitamente prescritta per dare impressione ai cittadini che in quegli uffici sempre sulla loro sicurezza si vegliava, erano protetti.
Il telefonista annotò, wrote down, l’ora e il nome della persona che telefonava: Giorgio Roccella. Aveva una voce educata, calma, suadente. ‘Come tutti i folli, lunatics’ pensò il telefonista. Chiedeva infatti, il signor Roccella, del questore, police commissioner: una follia, specialmente a quell’ora e in quella particolare serata.
Il telefonista si sforzò allo stesso tono, ma riuscendo a una caricaturale imitazione, resa più scoperta dalla freddura con cui rispose: «Ma il questore non è mai in questura a quest’ora», freddura, a pun, che in quegli uffici abitualmente correva sulle frequenti assenze del questore. E aggiunse: «Le passo l’ufficio del commissario», col gusto di far dispetto al commissario, che certo stava in quel momento per lasciare l’ufficio.
Il commissario si stava infatti infilando il cappotto, he was putting on his coat. Prese il telefono il brigadiere che aveva tavolo ad angolo con quello del commissario. Ascoltò, cercò sul tavolo una matita e un pezzo di carta; e mentre scriveva rispondeva che sì, sarebbero andati al più presto possibile, as soon as possible, ma appena possibile, così collocando la possibilità in modo da non illudere sulla prestezza.
«Chi era?» domandò il commissario.
«Un tale, un tipo, che, dice, ha da farci vedere urgentemente una cosa che si è trovata in casa».
«Un cadavere? A corpse?» scherzò il commissario.
«No, ha detto proprio una cosa».
«Una cosa… E come si chiama, questo tale?».
Il brigadiere prese il pezzo di carta su cui aveva scritto nome e indirizzo, lesse, he read: «Giorgio Roccella, contrada Cotugno, dal bivio per Monterosso, strada a destra, quattro chilometri; quindici da qui».
Il commissario tornò dalla porta al tavolo del brigadiere, prese quel pezzo di carta, lo lesse quasi credesse di trovarvi qualcosa di più di quel che il brigadiere aveva detto. Disse: «Non è possibile».
«Che cosa?» domandò il brigadiere.
«Questo Roccella,» disse il commissario «è un diplomatico, console o ambasciatore non so dove. Non viene qui da anni, chiusa la casa di città, abbandonata e quasi in rovina quella di campagna, in contrada Cotugno appunto… Quella che si vede dalla strada: in alto, che sembra un fortino, a small fort…».
«Una vecchia masseria, a large farm» disse il brigadiere «ci sono passato sotto tante volte».
«Dentro il recinto, per cui pare una masseria, c’è un villino, a cottage, molto grazioso; o almeno c’era… Grande famiglia, quella dei Roccella: ma ora ridotta a questo console o ambasciatore che sia… Non credevo nemmeno che fosse ancora vivo, da tanto che non si vede».
«Se vuole,» disse il brigadiere «vado a controllare».
«Ma no, sono sicuro che si tratta di uno scherzo, a joke… Domani, magari, se hai tempo e voglia, vai a dare un’occhiata, to give a look… Per quanto mi riguarda, qualunque cosa accada, succeda, domani non mi cercate: vado a festeggiare il San Giuseppe da un mio amico, in campagna».
—-
L’indomani, in pattuglia, il brigadiere andò in contrada Cotugno: nello stato d’animo, lui e i due agenti che lo accompagnavano, di fare una gita: per quel che aveva detto il commissario, erano sicuri che quel luogo fosse disabitato e che la chiamata della sera prima era stata uno scherzo. Un fiumiciattolo, un piccolo fiume, che scorreva ai piedi della collina, era ormai soltanto un alveo pietroso, a rocky riverbed, di pietre bianche come ossame, bones; ma la collina, in cima quella masseria in rovina, verdeggiava, era verde. Fatto il sopralluogo, the inspection, il loro proposito era di darsi a raccogliere asparagi e cicorie, festosamente: tutti e tre esperti a riconoscere le buone verdure selvatiche, wild, spontaneous, da contadini che erano stati, perché erano stati contadini.
Filtrarono nel recinto, che non era fatto, come guardando da giù si poteva credere, di semplici muri: erano magazzini, storehouses, le porte chiuse da lucidi catenacci, chains, che circondavano il villino, davvero grazioso e con molti segni di disgregazione, di rovina. Vi girarono intorno. Tutte le imposte, the shutters, erano chiuse, tranne di una finestra dai cui vetri si poteva guardar dentro. Stando nella luce abbagliante, the dazzling light, di quella mattinata di marzo, videro, they saw, dapprima confusamente l’interno: poi cominciarono a distinguere e a tutti e tre, ripetendo la prova facendosi schermo del sole con le mani, parve, sembrava, certo si vedesse un uomo che, di spalle alla finestra, seduto a una scrivania, vi si fosse accasciato, appoggiato.
Il brigadiere prese la decisione di rompere il vetro della finestra, di aprirla, di entrare nella stanza: l’uomo poteva esser crollato per un malore, collapsed for a sudden illness, si era forse in tempo a dargli soccorso, aiuto. Ma l’uomo era morto, e non per sincope o infarto, un attacco di cuore; nella testa, che poggiava sulla scrivania, tra la mandibola e la tempia, between the lower jaw and the temple, era un grumo nerastro, a black clot.
Ai due agenti, che pure erano entrati scavalcando la finestra, il brigadiere gridò: «Non toccate nulla! Don’t touch anything»; e per non toccare il telefono, che stava sulla scrivania, ordinò a uno degli agenti di tornare in questura, all’ufficio di polizia, di riferire, di far venire subito medico, fotografo e quei due o tre che in questura erano considerati e privilegiati come esperti scientifici: secondo il brigadiere soltanto privilegiati, non avendo fino ad allora esperienza di un solo caso in cui costoro, questi esperti scientifici, avessero dato un contributo risolutivo, di confusione piuttosto.
Dati quegli ordini, e continuando a dire all’agente che era rimasto con lui di non toccar nulla, il brigadiere cominciò a fare il suo lavoro di osservazione, in funzione del rapporto scritto, the written report, che gli toccava, che doveva, poi fare: compito piuttosto ingrato sempre, i suoi anni di scuola e le sue non frequenti letture non bastando a metterlo in confidenza, a suo agio, con l’italiano. Ma, curiosamente, il fatto di dover scrivere delle cose che vedeva, la preoccupazione, l’angoscia quasi, dava alla sua mente una capacità di selezione, di scelta, di scegliere, di essenzialità per cui sensato ed acuto finiva con l’essere quel che poi nella rete dello scrivere restava. Così è forse degli scrittori italiani del meridione, siciliani in specie: nonostante il liceo, l’università e le tante letture.
Immediata, l’impressione era che l’uomo si fosse suicidato. La pistola era a terra, a destra della poltrona su cui era rimasto seduto: vecchia arma da guerra ’15-’18, tedesca, uno di quei souvenir che i reduci, the veterans, si portavano a casa. Ma c’era, a cancellare nel brigadiere l’immediata impressione del suicidio, un particolare, un elemento: la mano destra del morto, che avrebbe dovuto penzolare, hang loose, a filo della, vicino alla, pistola caduta, stava invece sul piano della scrivania, a fermare un foglio su cui si leggeva: «Ho trovato. I found». Quel punto, that dot, dopo la parola «trovato» nella mente del brigadiere si accese come un flash, svolse, rapida e sfuggente, la scena di un omicidio dietro quella, non molto accuratamente costruita, del suicidio. L’uomo aveva cominciato a scrivere «Ho trovato», così come in questura aveva detto di aver trovato in casa qualcosa che non si aspettava di trovare: e stava per scrivere di quel che aveva trovato, ormai dubitando che la polizia arrivasse e forse cominciando, nella solitudine, nel silenzio, ad aver paura. Ma avevano bussato alla porta, they were knocking at the door.
‘La polizia’ pensò; ed era invece l’assassino. Forse si presentò come poliziotto: e l’uomo lo fece entrare, tornò a sedere alla scrivania, cominciò a raccontare di quel che aveva trovato. La pistola stava forse sulla scrivania, nella paura che gli cresceva probabilmente era andato a tirarla fuori da un qualche ripostiglio, a storage room, che ricordava (il brigadiere non credeva che gli assassini si dotassero di un così vecchio arnese, strumento). Vedendola sul tavolo, forse chiese, l’assassino, informazione sull’arma, ne verificò il funzionamento, improvvisamente la puntò alla testa dell’altro e sparò, opened fire. E poi la gran trovata, la grande idea, di mettere il punto dopo «ho trovato»: «ho trovato che la vita non vale la pena di essere vissuta», «ho trovato l’unica ed estrema verità», «ho trovato», «ho trovato»: il tutto e il niente. Non reggeva. Non aveva senso. Ma da parte dell’assassino, quel punto non era poi un errore: per la tesi del suicidio, che si sarebbe certamente affacciata (il brigadiere ne era sicuro), da quel punto sarebbero stati estratti significati esistenziali e filosofici, e specialmente se la personalità dell’ucciso avesse offerto un qualche addentellato, connessione. Sulla scrivania c’erano un mazzo di chiavi, un vecchio calamaio, an inkwell, di peltro, la fotografia, di una comitiva numerosa, un gruppo numeroso, ed allegro, che almeno cinquant’anni prima era stata scattata, fatta, in giardino: forse proprio lì fuori, quando intorno alla casa ci dovevano essere alberi d’armonia e d’ombra, ora soltanto seccume e sterpaglia, scrub.
Accanto al foglio, vicino al foglio, con l’«ho trovato», la penna stilografica chiusa: finezza dell’assassino (il brigadiere era sempre più certo che si trattava di un omicidio), a dar l’impressione che con quel punto l’uomo aveva appunto messo un punto fermo alla propria esistenza.
La stanza, intorno, aveva scaffali quasi tutti vuoti di libreria. I libri che restavano erano annate rilegate di riviste giuridiche, manuali di agronomia, fascicoli di una rivista, un magazine, che s’intitolava «Natura ed arte». C’erano poi, uno sull’altro, alcuni volumi che dovevano essere antichi, sul cui dorso, on the back, il brigadiere lesse Calepinus. Lui aveva sempre creduto che il calepino fosse un libretto da tenere in tasca, un taccuino, a notebook, un prontuario: gli sembrò curioso che quel nome a dei libriccini venisse da quei libri che ognuno pesava dieci chili almeno. Lo scrupolo, l’attenzione, di non lasciare quelle impronte, quei segni, in cui non credeva lo distolse dalla curiosità di aprire uno di quei volumi; e per lo stesso scrupolo, seguito dall’agente, vagò, andò, per la casa senza toccare mobili e maniglie, handles, entrando solo per le porte che erano aperte.
La casa era più vasta, grande, di quanto, guardandola da fuori, si poteva credere. C’era una grande sala da pranzo con un massiccio tavolo, a thick table, di rovere e quattro credenze, dello stesso legno, con dentro piatti, zuppiere, bicchieri e cuccume, caffettiere; ma anche vecchi giocattoli, old toys, carte, biancheria. Camere da letto, due con materassi e cuscini ammonticchiati sulle reti, una con un letto che pareva qualcuno ci avesse dormito la notte prima, ce n’erano tre; e forse altre dietro le porte che il brigadiere non aprì. La casa era stata abbandonata e anche dispogliata, privata, deprived, di arredi, libri, quadri e porcellane, ma non dava il senso, non sembrava, essere disabitata. Mozziconi di sigarette, cigarette butts, erano nei portacenere, in the ashtrays, e fondi, residui, di vino nei bicchieri, cinque, che erano stati portati in cucina certo con l’intenzione di sciacquarli, lavarli. La cucina era spaziosa, con focolari a legna, forno, mattonelle, tiles, valenziane murate intorno; pentole di rame e tegami appesi alle pareti: davano un certo splendore, nella poca luce, anche se verdicavano di solfato ormai. Dalla cucina, una porticina, una piccola porta, si apriva su una scala che saliva stretta e buia, e non si vedeva dove finiva.
Il brigadiere cercò se vi fosse una luce da accendere per illuminare quella scala. Non scorgendo altro interruttore, the light switch, che quello che accendeva lampade sui focolari, si avventurò, iniziò, a salire quella scaletta. Ma dopo cinque o sei gradini, steps, cominciò, sempre salendo con esitazione, ad accendere fiammiferi, to light some matches. Ne accese molti prima di arrivare, in cima, a una specie di sottotetto, una camera alta che uno di normale statura, altezza, quasi toccava con la testa il soffitto, the ceiling, ma ampia, grande, quanto giù la sala da pranzo. Era piena di divani, poltrone e sedie sfondate, rovinate; di casse; di cornici vuote; di panneggi polverosi, dusty drapery. Torno torno erano dei busti-reliquiari di santi: una decina, dorati; ma faceva spicco, eccelleva, tra loro un busto, a bust, più grande, d’argento il petto, nera la mantellina, la faccia incagnata. I busti dorati portavano, sul piedistallo barocco, il nome di ciascun santo; l’altro più grande e più cupo, dark, il brigadiere non aveva sufficiente esperienza di santi per riconoscervi sant’Ignazio.
Il brigadiere accese l’ultimo fiammifero e velocemente ridiscese, tornò giù. «Un tetto morto pieno di santi» spiegò all’agente che lo aspettava al piede, all’inizio, della scala. Si sentiva come se polvere, dust, ragnatele, spider webs, e muffe, molds, gli fossero piovute addosso, su di lui. Tornò a scavalcare, andare oltre, la finestra per ritrovare la mattinata fredda e splendida, il sole, l’erba, the grass, gocciolante di brina, frost.
L’agente sempre a due passi dietro di lui, girarono intorno alla casa. Tra sterpi e seccumi, c’era uno spiazzo, uno spazio aperto, che, evidentemente, era servito per manovre di automobili, forse di autocarri, camion, trucks. «C’è stato traffico, qui» disse il brigadiere. Poi, indicandoli all’agente, domandò: «Che te ne pare di questi catenacci? Che cosa ne pensi di questi catenacci?»: quelli che chiudevano le porte dei magazzini che circondavano la casa come un forte da western americano.
«Sono nuovi» disse l’agente.
«Bravo» disse il brigadiere.
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Se volete sapere come finisce la storia, potete comprare il libro di Sciascia o vedere il film che hanno fatto su questo libro. Trovate i link in descrizione.
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Alla prossima, ragazzi
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Sources
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